Quest’anno compie 150 anni il primo dolce tricolore, ideato a Gavirate nell’allora piazza degli Uffizi, ora piazza Matteotti: risale, infatti, al 1875 la creazione dei brutti e buoni che, cinque anni dopo la nascita dell’Italia, seppe unire la Sicilia con le sue mandorle, il Piemonte con le nocciole e gli albumi della Lombardia. Ci pensò Costantino Veniani, un pasticcere geniale, nato a Ternate, ma con una grande esperienza acquisita a Milano, a lavorare quell’impasto che, certo non si presentava perfetto, ma era estremamente gradevole al palato. Dal suo caffè, un tempo stazione di posta con il cambio dei cavalli, di fronte al municipio di Gavirate, passavano il pretore, il cui ufficio era nella piazza limitrofa, avvocati, il sindaco Giuseppe Maggioni ed altri notabili. Subito, furono entusiasti del nuovo dolce, che si presentava leggero, friabile e, come le ciliegie, invogliava ad essere continuamente gustato. Fu così che Costantino, con lungimiranza e spirito imprenditoriale, capì l’importanza della loro presentazione, della loro immagine: bastava unirne due e avvolgerli in una carta. Certo, ma non una carta qualsiasi, doveva essere raffinata, leggera e decorata. Fra le relazioni che il pasticcere aveva instaurato si annoverava l’amicizia con il conte Teofilo Rossi, sindaco di Torino, e fondatore della Martini e Rossi. Si confrontò con lui e fu creata quella carta in stile liberty, ancora oggi usata, che ha il sapore della Belle Epoque e costituiva un’ottima pubblicità per la nostra zona: vi rappresentava la chiesa della Santissima Trinità e il museo sull’Isola Camilla la quale nel 1878 durante un congresso di naturalisti mutò il suo nome in Virginia, in onore della moglie di Andrea Ponti, proprietario del lago. Passarono cinque lustri e il Veniani nel 1901 nel padiglione centrale della grande esposizione di Varese fu premiato con una medaglia e una pergamena, sigillo di qualità dei brutti e buoni. Nel frattempo, aveva continuato a dare adito alla sua inventiva creando la Torta Verdi e i biscottini dedicati alla regina Margherita, due ospiti di cui ebbe l’onore della visita. Ricco e affascinante è il capitolo riguardante la clientela. E’ passato un mondo di autorità e figure celebri da quel locale caratterizzato da un divanetto di velluto cremisi, posto vicino al camino, su cui era solito sedersi Giosuè Carducci, quando nel 1890 giunse a Gavirate con la sua pupilla, la futura poetessa e scrittrice Annie Vivanti. “Chiedeva del Nebbiolo o della Malvasia, brutti e buoni, penna e calamaio -spiegava Giuseppe, pronipote di Costantino- Quei momenti, a suo dire, lo riappacificavano con il mondo e gli stimolavano l’estro poetico”. Che il caffè Veniani ispiri la scrittura è confermato anche dalla frequentazione di Guido Morselli che qui trovava la luce naturale (aborriva quella artificiale) e il silenzio per potersi concentrare e annotare le sue osservazioni che sarebbero comparse nei suoi romanzi. Grazie al caffè Veniani e naturalmente ai suoi brutti e buoni una fila di gaviratesi ebbe il privilegio di ammirare con un binocolo Zeiss, che equivaleva a un doppio telescopio, gli anelli di Saturno e i crateri della luna in piazza Matteotti: a manovrare questo sofisticato strumento un goloso dei nostri dolcetti, il professor Salvatore Furia. Leggere la storia dei brutti e buoni significa scoprire tante esistenze che hanno amato e amano sollecitare il palato con la dolcezza e la friabilità. Significa non rivolgere solo l’attenzione alle pasticcerie di Gavirate, ma allargare la visuale al mondo intero dove i dolcetti, nati in un laboratorio di fronte al municipio di Gavirate, sono conosciuti.
Federica Lucchini