TRA VECCHI RICORDI E NUOVE PROPOSTE
DOMANDE E RISPOSTE
di felice magnani
Qual è il problema principale di un insegnante?
Il problema principale di un insegnante è la comunicazione, il rapporto che instaura con la classe che gli viene assegnata. Chi si trova di fronte più di venti alunni in una volta sola e per la prima volta, prova un senso di panico, perché di solito i ragazzi hanno reazioni imprevedibili. La tendenza è quella di mettere alla prova il professore con atteggiamenti di sfida. Vince chi sa gestire l’autorità, chi riesce a rendere credibile la propria esperienza. Nella mia vita ho incontrato professori straordinariamente preparati sul piano culturale, che non riuscivano a far passare il sapere, altri invece che catturavano la curiosità dei ragazzi e che riuscivano ad incantarli per ore, mantenendo viva la loro attenzione, la loro voglia di dialogo e di confronto. Saper insegnare è un dono, un carisma. Quando qualche collega mi chiedeva come facessi a tenere le classi, mi metteva in seria difficoltà, perché nel profilo di un docente c’è qualcosa che sfugge la sfera razionale, qualcosa di innato, di legato alla sfera vocazionale individuale, alla quale bisogna dare lo spazio e la forza necessaria per emergere.
Come mai i ragazzi di oggi sono così trasgressivi?
Quella che si definisce trasgressività, dal latino transgredior, andare oltre, i confini del lecito naturalmente, è una forma di psicologia inconscia molto presente nella sfera dell’io, talmente presente che in alcune circostanze s’incarna e fa compiere atti sconsiderati. Non è una prerogativa del terzo millennio, le trasgressioni sono sempre esistite, anche quando i tempi sembravano essere al di sopra di ogni sospetto. Ricordo che alle scuole medie inferiori abbiamo fatto impazzire l’insegnante di lettere, reo di essere un docente troppo umano e bravo. Gliene abbiamo combinate di tutti i colori, ma le nostre trasgressioni avevano un profilo comico e ludico allo stesso tempo, al punto che il professore non se la prendeva più di tanto. Oggi i ragazzi e le ragazze in qualche caso superano ogni limite, creando situazioni che si possono benissimo catalogare nell’archivio paradelinquenziale. I ragazzi sono trasgressivi per natura, è l’istinto che li porta sovente ad andare oltre i limiti del consentito, anche per una forma di cattiveria inconscia. L’abilità del maestro consiste nel saper gestire e guidare gl’istinti, valorizzando al massimo il patrimonio intellettuale, fisico e morale di cui gli alunni sono portatori.
E’ così difficile governare gl’istinti?
Sì. Per gestire l’esuberanza giovanile occorre innanzitutto non dimenticarsi mai di essere stati giovani e di non essere sempre stati degli stinchi di santo. Credo che il punto di partenza per una buona riuscita della comunicazione tra insegnante e allievo sia proprio quello di mettersi davanti allo specchio della memoria e ripercorrere le tappe della propria vita, senza tralasciare nulla, neppure episodi che potrebbero sembrare apparentemente secondari. Il buon insegnante è uno che fa tesoro delle proprie esperienze e che cerca di capire il mondo che ha davanti, senza la presunzione di essere l’unico custode della verità. Il sapere serve se diventa pane quotidiano per chi ne ha bisogno, altrimenti rimane una forma di ritenzione aristocratica, un modo per esibire la propria erudizione. Torniamo quindi all’ antica dicotomia tra sapienza e saggezza, tra erudizione e cultura. Non sempre chi è colto è saggio e viceversa. L’insegnante dovrebbe saper coniugare esperienza, psicologia e sapere, mettendo a frutto tutto quello che ha imparato non solo sui banchi della scuola, ma soprattutto per quello che la vita gli ha regalato, nel bene e nel male.
Lei com’era come alunno?
Timido, prudente, sensibile, affascinato dalle materie artistiche e umanistiche, spaventato dalla matematica. I numeri sono stati la mia disperazione. Nei ritagli di tempo, cercavo di capire questa mia chiusura nei confronti della disciplina. Ancora oggi mi capita di eludere completamente tutto ciò che ha che vedere con i calcoli, mentre mi trovo benissimo nella fase elaborativa intellettuale, dove si richiede una memoria riflessiva, una certa capacità analitica dei problemi e delle loro soluzioni. Potrebbe esserci anche una motivazione di carattere psicologico, maturata nel corso degli anni, anche a causa di insegnanti che mi hanno fatto odiare la matematica. Sono convinto che questa disciplina richieda una forma mentale adeguata, ma anche una costruzione umana e mentale che sappia accogliere, trasmettere e veicolare. Molti alunni detestano alcune materie perché hanno avuto insegnanti privi della capacità di comprendere i bisogni altrui, non sono stati educati ad apprezzare la materia. Dal punto di vista disciplinare sono sempre stato un alunno rispettoso delle regole, mai aggressivo, anche se di aggressività ne ho accumulata molta, a causa di adulti poco inclini alla comprensione. Nella mia carriera di insegnante ho sempre privilegiato comprensione e fermezza, ho sempre cercato di stabilire rapporti basati sul rispetto reciproco e ho sempre considerato gli alunni e le alunne come persone. Ho parlato di tutto, con la stessa passione e onestà intellettuale che utilizzavo nella comunicazione adulta. I ragazzi sono sempre stati, per me, uomini e donne.
Quale insegnante ricorda con affetto e perché?
Ho voluto molto bene al mio professore di lettere delle scuole medie. Era un uomo straordinariamente buono, dotato di rarissime doti umane e sempre pronto a dare una mano al prossimo, anche quando il prossimo andava un pochino oltre le righe. Era molto preparato, sapeva farci amare la letteratura italiana e quella latina. Aveva un debole per i poeti dell’Ottocento, dei primi del Novecento e per le loro poesie. Lo seguivo e mi emozionavo. Nelle sue parole c’erano passione e sentimento, affetto sincero e amore per il suo lavoro. Se ho aperto il mio cuore e la mia mente al gioco dei sentimenti e alla scoperta di valori profondi e duraturi lo devo anche a lui, a quell’uomo semplice e straordinario che mi ha fatto amare la scuola e lo studio.
Gl’insegnanti hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua vita?
Gl’insegnanti hanno avuto un ruolo fondamentale nella vita di tutti noi. Ci hanno fatto scoprire la parte un po’ magica della vita, quella legata alla curiosità, ai sentimenti, alla fantasia, alla razionalità, all’educazione. Nel bene e nel male ci hanno aiutato a costruire la nostra personalità, quello che siamo oggi e nella maggior parte dei casi lo hanno fatto con amore, anche sbagliando. Il rapporto che si crea tra alunno e docente è unico nella sua naturale bellezza. Io sono convinto che un bravo docente ha molto da insegnare, in particolare quel senso della missionarietà che alimenta l’amore per l’educazione, per il prossimo e per il proprio lavoro. L’insegnante conosce l’animo umano, i suoi bisogni e le sue necessità. L’alunno non è un suddito da emancipare, come pensa qualcuno, ma è un essere umano che ama conoscere tutto di sé e della realtà che lo circonda, per questo guarda all’insegnante come a un amico che lo conduce sulla via della conoscenza, per essere pronto ad affrontare la vita nella sua straordinaria bellezza.
Professore, cosa pensa del bullismo?
Premetto che non c’è niente di nuovo sotto il sole, i bulli esistevano anche ai miei tempi e ne combinavano di tutti i colori, con la differenza che non potevano usare telefonini, computer e tutte quelle sofisticazioni elettroniche e telematiche che hanno invaso il mercato giovanile, diventando, in molti casi, vere e proprie armi da combattimento. Il bullo dei miei tempi marinava spesso la scuola e andava a passeggiare lungo le rive del fiume con la ragazza che, a sua volta, aveva marinato la scuola. Il bullo di una volta mostrava la sua esuberanza fisica, la sua forza, il suo coraggio, all’occorrenza menava le mani, ma non si drogava. Era un tipo romantico. Era tendenzialmente distaccato, freddo, calcolatore, ma anche passionale e irruento. Insomma, io penso che un insegnante valido non abbia mai problemi con i propri alunni. Nella mia carriera scolastica ho avuto ragazzi di tutti i tipi, ma non mi sono mai fatto mettere sotto da nessuno e ho sempre stabilito un rapporto fondato sul rispetto reciproco, quindi non posso lamentarmi. Chi sceglie di fare l’insegnante sa perfettamente a cosa va incontro, quindi deve essere preparato.
Non tutti i docenti hanno la stessa personalità.
Perfetto, ma ciò non toglie che chi fa l’insegnante debba essere preparato a tutto. Fare l’insegnante non è facile, perché si tratta di un confronto continuo tra adulti e giovani che si stanno formando, è confronto non privo di problematiche esistenziali, caratteriali, formative, si tratta di caratteri diversi che devono trovare un sistema d’interazione psicologica, sociale e culturale. In molti casi tutto avviene in modo naturale, in altri bisogna far leva sull’esperienza e sulla professionalità. Per professionalità intendo la capacità di trovare risposte adeguate a domande e situazioni particolari. Nella mia carriera non sono mai ricorso a nessuno, ho sempre affrontato i piccoli e grandi problemi scolastici cercando dentro di me le soluzioni. L’insegnante deve essere sicuro di sé, deve avere una personalità forte, autorevole, ma anche molto attenta ai bisogni e alle necessità del prossimo. Ho avuto colleghi molto più preparati di me sul piano culturale, che non sapevano insegnare, non avevano carisma. Se l’insegnante non ha carisma è fritto, diventa facile preda della diavoleria giovanile.
Cos’è il carisma?
E’ una qualità innata, quella che fa la differenza, perché permette di capire al volo una situazione e di gestirla nel modo giusto. Come ho già detto, se il docente non ha il carisma diventa preda del cinismo giovanile che in alcuni casi è capace di tutto. Chi pensa che i ragazzi siano bravi, buoni e riverenti commette un grosso sbaglio, l’atto educativo è tutto da costruire e per costruirlo occorre avere le coordinate giuste. L’insegnante deve continuamente educare se stesso, deve saper trovare le giuste soluzioni ai problemi, deve soprattutto amare i giovani, mettersi in discussione, aprire le porte al dialogo, deve credere fino in fondo nel proprio lavoro e cercare di farlo sempre al massimo. I giovani guardano all’insegnante e si fidano, credono nella sua parola e soprattutto negli esempi che sa distribuire sul suo cammino. L’esempio compie spesso dei miracoli, perché il mondo giovanile è dotato di una grande capacità di leggere nel proprio cuore e soprattutto vuole essere al centro delle grandi trasformazioni del paese, per questo ha bisogno di capire che l’insegnamento non lo taglia fuori, non è selettivo a priori, ma offre a tutti la possibilità di crescere e di formarsi, per essere pronti a sostenere le aspettative di una società civile che guarda ai giovani con attenzione e interesse. La scuola ha il compito fondamentale di condurre i giovani all’acquisizione di una dimensione costituzionale dell’esistenza, mettendoli nella condizione di scoprire giorno dopo giorno le grandi risorse di cui sono portatori.