GLI ANZIANI? UN BENE DA SALVAGUARDARE
di felice magnani
Capita spesso di ascoltare persone che parlano degli anziani come se fossero dei predestinati, persone il cui destino è già stato fissato da tempo, preordinato, preconfigurato, dimenticando che l’anziano non è una categoria sociale, il rappresentante di un pianeta sé stante, ma realtà in continua evoluzione, capace di sviluppare al massimo la sua capacità pensante, riflessiva e creativa. L’anziano è una persona capace di fornire contributi determinanti alla vita di un paese, ma bisogna avere ben chiaro in mente che cosa sia il senso della vita, l’amore per la famiglia, il rispetto per l’altro, bisogna cioè convincersi che l’età sia soprattutto una grandissima e meravigliosa ricchezza da vivere e da trasmettere. Una società che volta le spalle all’anziano, che non sa o non vuole godere della sua prestigiosa generosità e della sua puntuale attenzione sulla vita dimostra di non saper dare sostanza e significato alla convivenza civile, quella di cui ci si riempie la bocca ogniqualvolta si tenta di ricucire gli strappi di una comunità rimasta orfana. Sono lontani i tempi in cui all’anziano era riservata la poltrona più grande, il consiglio giusto, il punto di vista determinante, oggi combatte spesso una battaglia personale contro la solitudine, l’emarginazione sociale, contro l’idea che gli anni siano un limite naturale alla possibilità di continuare a essere presenza attiva dentro la società. Una delle idee più sbagliate che circola nella pochezza distributiva della rete umana resta quella di pensare che la comunità sia fatta di mondi e non di persone, di categorie e non di famiglie, di pensare che l’età determini una condizione morale, etica, culturale e sociale di natura statica. Isolare, settorializzare, creare distanza non favorisce l’unità, la capacità di creare interconnessione, relazione, passaggio di esperienze. L’anziano è una persona che ha vissuto di più e quindi più in grado di operare una fruttuosa trasmigrazione di valori sui quali appuntare l’attenzione per dilatare la sfera della libertà democratica, dell’esperienza civile. Più anziani nelle scuole a raccontare, più anziani nelle associazioni a contribuire, più anziani nelle vie e nelle piazze a creare relazione con quel mondo giovanile che spesso non sa dove sbattere il naso. Una società dinamica, capace di creare entusiasmo, deve avere una visione ampia della forza relazionale, deve promuovere e allargare, evitando di creare isole abbandonate nel cuore di un oceano. Spesso l’anziano vorrebbe, sente prepotente la voglia di comunicare, ma non gli viene permesso, perché la comunità in cui vive è presa da un individualismo estremo, dal pensiero di eternarsi escludendo gli altri. Ritrovare la via dell’anziano significa riabilitare la vita umana, consegnandole quella dignità e quell’identità che le spetta di diritto, rafforzando l’idea che una democrazia sana e matura si fonda sul contributo di tutte le persone di buona volontà.