– “Tutto è cominciato con un ceffone. Un gesto che non voleva essere di violenza, ma di profonda attenzione al mio futuro. E’ proseguito poi con l’invito di un panettiere a lavorare quella pasta morbida che mi aveva posto davanti e con la felice sorpresa di vederla lievitare. Da quel momento mi sono innamorato del pane e del mio lavoro che ho lasciato dopo 63 anni lo scorso 31 dicembre”. Giuliano Didonè, panettiere, che ha ricevuto la cittadinanza onoraria del comune di Comerio, così spiega l’inizio della sua attività ricca di soddisfazioni. “A pensare – continua – che era dovuto intervenire pesantemente mio fratello Luigi perché continuassi a lavorare presso un panettiere a Casciago, da dove ero scappato! In casa c’erano pochi soldi, la mia famiglia era giunta a Viggiù da Castelfranco Veneto nel 1942 e bisognava lavorare per sbarcare il lunario, ma io, quattordicenne, non me la sentivo di dormire fuori casa. Così si giunse ad un compromesso: potevo dormire presso i miei, ma alle 3 del mattino dovevo essere puntuale perché iniziava la panificazione. Da allora – si era nel 1953 – non ho mai smesso di alzarmi a quell’ora”. Ha lavorato a Barasso, a Varese, a Casbeno fino al 1973 quando ha rilevato l’esercizio presso il Circolo Cooperativa di Comerio dove è rimasto per ben 42 anni. E la riconoscenza del paese è arrivata con le parole del sindaco Silvio Aimetti, durante la cerimonia di conferimento della cittadinanza “per aver svolto, per così lungo tempo, un servizio molto importante per la nostra comunità. Con grande impegno e amore, ha preparato i prodotti per i comeriesi che, sin dalle prime ore del mattino, si recavano presso la sua bottega, chi per il pane, chi per la focaccia da portare a scuola come merenda. La cortesia e la gentilezza sono sempre state una caratteristica della famiglia Didonè, con le quali veniva “condito” il pane che si comprava presso il loro esercizio commerciale”.
Quando il sacrificio va di pari passo con la volontà la soddisfazione è garantita. E Giuliano di soddisfazioni ne ha avute tante, non considerando la fatica un peso: “Tutti i venerdì – interviene la moglie Antonia – si alzava alla mezzanotte perché c’era doppia panificazione. Con qualsiasi tempo partiva dalla sua casa di Barasso e via a fare le biovette di tutte le misure, le rosette per le quali ci volevano due impasti, gli sfilatini, il pane toscano, il martedì il pane giallo, il mercoledì quello di segale, il giovedì e il sabato il “pan tranvai” (il pane con le uvette). Il sabato l’esercizio rimaneva aperto tutta la giornata e al via con la pasta per la pizza”. Lui sorride quando ricorda il pane preparato per il compleanno dei bambini: tanti panini a forma del numero che corrispondeva alla loro età e dentro la nutella! Il servizio a domicilio, effettuato dal figlio Silvio, sempre puntuale. La precisione, il rispetto, la passione hanno contrassegnato la sua attività. E come non accennare, grazie alla presenza di Antonia, a quella vitalità che si creava nel negozio: “Ha sempre rappresentato – continua Aimetti – un motivo di aggregazione e un collegamento ideale con una Comerio che, forse, non esiste più, fatta di relazioni tra le persone, di saluti, di sguardi, di parole”. Il 31 dicembre scorso ha avuto la grande soddisfazione di celebrare la fine del lavoro con la ricerca per ben tre volte di farina presso i colleghi: i clienti volevano fare la scorta del “suo” pane. E come non accontentarli?
Federica Lucchini