E’ un dato che meraviglia: sono rimasti solo in tre i pescatori professionisti in età avanzata sul lago di Varese, Giorgetti Ernesto, Giorgetti Luigi, detto il “Negus”, Gianfranco Zanetti. Ma attorno ad essi c’è un mondo di una tale profondità e di una tale forza culturale che non si può non coglierne il valore. Quell’humus che lo permea verrà celebrato domenica 16 ottobre alla darsena del lago di piazza, in occasione del centenario della Cooperativa Pescatori del Lago di Varese, presieduta dallo Zanetti. Un omaggio a loro e a tutti i pescatori che non ci sono più, alla presenza dei famigliari e “di coloro che non sono gli eredi, ma umilmente sperano di poterne essere i Custodi”, come scrive Giancarlo Giorgetti, figlio di Natale, lo storico presidente, nella prefazione al libro “Il secolo breve della Cooperativa dei pescatori del Lago di Varese”. Nei loro pensieri e nei loro cuori conservano il sorriso, le lacrime, lo sguardo, le mani che lavorano, le maledizioni alla pioggia, le benedizioni al Cielo. Fare il pescatore è “essere” pescatore e solo chi sta o è stato vicino ai pescatori lo sa. Domenica emergerà il sentimento profondo, intimo, esclusivo della gente di lago che un secolo fa ha avuto il coraggio di acquistare il diritto esclusivo di pesca, a costo di enormi sacrifici, dall’allora proprietario del lago, Ettore Ponti. “Quando ero bambino con il bartavello ho preso cinque tinche -ricorda Cesare Giorgetti- Mio padre mi spiegò che un muratore avrebbe dovuto lavorare una intera giornata per guadagnare l’equivalente. “Ecco perché tuo nonno, assieme agli altri pescatori, ha comperato il diritto della pesca -mi ha detto- Non per diventare ricco, ma per avere un lavoro proprio a casa, senza emigrare, perché il pane degli altri “el gha sett crost e un crustin”. Quell’evitare le sette croste e un crostino è stato per i pescatori sinonimo di libertà, di umiltà e dignità, vivendo in sintonia profonda e assoluta con l’ambiente, capaci di rispettarne gli equilibri. Uomini “invisibili” che si orientano sul lago, conoscendo a memoria ogni singolo punto, impegnati a difendere la salute del lago già in tempi nei quali la tutela del lago non era scontata e il loro coraggio ha reso pubblico un problema che riguardava non solo loro, ma l’intera comunità. “La nostra vita, la nostra ragione di essere è qui, su questo specchio d’acqua, tra queste montagne. E forse non solo la nostra vita”, aveva detto Natale Giorgetti. Il Dna dei Custodi richiede loro di garantire la continuità della memoria, difendendo i luoghi dove abitano, custodendo un patrimonio materiale attraverso una operazione di sensibilizzazione e di educazione, come osserva Tiziana Zanetti, una Custode, in un suo contributo all’interno del libro. In caso di cattivo tempo il momento si svolgerà all’oratorio di Cazzago.
Federica Lucchini
“I quattro pescatori ancora presenti sul lago di Varese sono gli ultimi del nutrito gruppo dei loro predecessori”. L’incipit del libro “Il secolo breve della Cooperativa dei pescatori del lago di Varese”, scritto da Amerigo Giorgetti, edito da Mimesis, con un contributo specifico di Tiziana Zanetti, che verrà presentato domenica 16 ottobre alle ore 15 sul lungolago, sembra contenere un errore: i pescatori sono tre. La spiegazione la dà lo stesso autore: quando questo saggio stava per concludersi, il 23 dicembre 2019, moriva annegato nell’acqua gelida al largo della Schiranna Daniele Bossi, 53 anni, ultimo pescatore in piena attività. Fin dalla prima nota a piè pagina, Giorgetti ha voluto ricordare questo lutto inaccettabile perché le acque avevano sottratto l’ultimo loro fedele servitore. E ciò è equivalso a un tradimento. “Lo stesso che avevano già vissuto i pescatori -scrive- che nel giro di qualche decennio sono stati spettatori impotenti della distruzione di un mondo in cui avevano sperato di vivere per infinite generazioni”. Queste pagine sono impreziosite, oltre che dalle foto di Mauro Zanetti, intrise del vissuto quotidiano di un luogo amato, da una prefazione che introduce a “un lavoro che è uno stile di vita che sa raccontare della pazienza, delle ore di attesa, di notti bagnate e insonni con albe a volta infruttuose”. Sono parole di Giancarlo Giorgetti: evidenziano l’orgoglio di raccontare un secolo di Cooperativa, che merita di essere ascoltato. Furono uomini fieri che seppero rendersi indipendenti e la cui storia cooperativistica in questo saggio è filtrata capillarmente attraverso i documenti. Il tocco finale è dato dalla Zanetti: il suo testo, scritto con competenza e cuore, è volto alla riscoperta di quel patrimonio culturale che i Custodi -figli e familiari- valorizzeranno in nome di quell’abito interiore di cui è intessuta la loro storia.
Federica Lucchini