Questo articolo è tratto dal “Calandari d’ra Famiglia Bosina par ur 2019”
Il 27 gennaio di quest’anno è venuto a mancare Luigi Piatti, 89 anni, meglio conosciuto come “il Ginetto”. Il cordoglio è stato unanime, tanto grande è stata l’eredità che ha lasciato alla nostra terra nel campo dell’arte e della sua storia nel secolo scorso e nell’attuale. I suoi numerosi libri ci hanno svelato un mondo di una ricchezza insospettabile, grazie a quella sua ricerca infinita, appassionata che unita all’allestimento di numerose mostre ha costituito la cifra interpretativa di questo suo lungo e fruttuoso operare. Per chi non avesse conosciuto la sua “verve”, è interessante leggere la presentazione che amava porre nell’aletta di copertina di alcune sue “Schegge”, giunte fino al numero 9 (postumo), quelle “Cronache, critiche, intemperanze, commenti, buttati giù con amore per l’Arte e per continuare, salvo proprio dove non si può, a riderci su”, scritte per divertire, divertirsi e per solidarietà. Dunque: “Sono Luigi Piatti, per gli amici “Ginetto”, nato a Barasso, VA, il 22.11.1928, e lì ancora abito. La mia carta d’identità recita però che Comerio è il mio paese natale, ma io dichiaro che è un “ falso storico” e aggiungo a sostegno della mia tesi che 1) non è colpa mia se Qualcuno del Palazzo pensò di inscatolare dal 1927 in un unico barattolo Luvinate, Barasso e Comerio, e di appiccicarvi sopra l’etichetta con la scritta “Comerio”. 2) La via Roma a Comerio non esiste e mai vi fu; a Barasso c’è ed è lì che io nacqui al numero civico 2 che oggi, dopo essere stato 4, è 12 per via del gran tempo passato e dell’inflazione. Il secondo piano della casa, però, è ancora tale. 3) Nel 1957 un Qualcuno del Palazzo evitò che il miscuglio del barattolo esplodesse, liberando i tre componenti e restituendoli “in pristinum statum”. Meno male. Sempre utilizzai l’Arte per spiritualmente vivere al meglio. Il mio impegno, con scritti e organizzazione di mostre, è ancora oggi un piccolo atto dovuto, di riconoscenza. All’Arte, ovviamente”.
Fare memoria di Luigi Piatti, sempre aggiornato su ogni manifestazione artistica della nostra plaga e non solo è cosa risaputa. Si trovava dovunque ci fosse Arte e a ragion veduta. Ricordarlo quando con pazienza certosina consultava in biblioteca a Varese i vecchi numeri del quotidiano “La Prealpina” per ricostruire la storica artistica della nostra terra dal 1900 è un dato noto, considerate le innumerevoli pubblicazioni. Asserire che il nostro mondo artistico, se non avesse avuto la sua presenza, sarebbe stato più povero è un’affermazione che trova un consenso unanime.
E allora in queste righe è bello farlo rivivere nella sua umanità di Ginetto che aveva pronta la battuta per tutti, sapeva creare rapporti basati sull’affettuosità e l’ironia, che aiutava gli artisti e si addolorava di fronte alla perdita di un amico. La sua riconoscenza la esprimeva a gesti e con la penna. Lo immaginiamo al ristorante “Il cacciatore” di Barasso o al ristorante “Pagani” di Gavirate dove anni fa si trovava con i suoi amici artisti. Lo immaginiamo a capotavola di una tavola lunghissima -tanti sono i commensali artisti, critici, che hanno percorso la sua vita e non più presenti- in uno di quei tanti momenti felici in cui veniva fuori la sua natura di dotto compagnone. “Quella che mi hai combinato quella volta è stata una “autoscheggia”, visto che tu ti diletti tanto a scrivere delle intemperanze degli altri! Questa è una scheggia che ti riguarda ed è stata un tradimento, una congiura!”. Si alza in piedi il pittore Giovanni La Rosa con la sua chioma bianca e gli punta il dito contro: “Quella volta nel gennaio 2006 da Ghiggini ero arrivato come invitato, anche se avevo trovato strano che mia moglie avesse curato particolarmente il mio abbigliamento. Pensavo di assistere all’inaugurazione di una mostra di cui però non avevo capito bene il titolo. Bene, entrai e mi trovai improvvisamente il protagonista! Tu, proprio tu, avevi congiurato con la mia famiglia: avevi fatto stampare un libro con tutte le cartoline che da venti anni illustravo appositamente per te e ti inviavo da Caccamo, il mio paese natale in Sicilia. Quel “C’è posta per me” (Omaggio a Giovanni La Rosa – Artestampa), però, mi ha scaldato il cuore”.
Ora è la volta di Silvio Ciglia, stretto collaboratore a livello di stampo, ma soprattutto grande amico: “Ti ricordi quel giorno in cui sono venuto a casa tua perché dovevamo andare in tipografia? Siamo arrivati alla rotonda dell’Esselunga e mi hai detto: “Gira a destra. Ti porto a vedere le più grandi schegge che tu abbia visto”. Ho pensato ai tuoi soliti scherzi. Arrivati alla chiesa di Casciago mi hai detto in dialetto: “Fermes!”. E io ho pensato: “Mò sel gà!”. Mi hai portato davanti all’altare e mi hai detto: “Guarda a destra!”. Cosa mai vista! Un fonte battesimale a mosaico progettata da padre Mirko Rupnik, esecutore del mausoleo di padre Pio a san Giovanni Rotondo, eseguito con la stessa tecnica. Roba da restare senza fiato! Poi ti ho chiesto: “Ma perché hai detto schegge?”. “Guarda bene -mi ha risposto- Il mosaico è fatto di schegge!”. Già, il Ginetto che è andato in chiesa a vedere le schegge!!!”.
“Ginetto, ti ricordi quella sera tanti e tanti anni fa -saranno stati gli anni Settanta- alla Biennale di Venezia con l’Antonio Pedretti in crisi, che aveva deciso di non dipingere più, colpito dalle grosse novità che erano nell’aria, dopo aver visto l’allestimento di un artista americano? -interviene Romano Oldrini- Ti ricordi quando siamo usciti alticci dal ristorante “Peoceto risorto”, vicino a Rialto e siamo andati in un “bacaro” per il bicchiere della staffa? Io ho mangiato 32 mezze uova sode e tu ti sei divertito un mondo? Ti ricordi? Quella sera, arte e divertimento!”
“Beh, sul tema delle cene avrei qualcosa da ricordarti anch’io”. Questa è la voce di Luigi Roberto Barion. “Il pittore Alfio Paolo Graziani mi mandava attorno agli anni Settanta a comperare in gastronomia da Tagnocchetti a Varese una coppia di lepri o di fagiani che lui poi avrebbe dipinto. Poi, me li faceva portare da Pagani che li avrebbe spennati e preparati in modo eccellente nel suo ristorante a Gavirate. Erano cene memorabili a cui l’artista invitava gli amici e tu eri sempre presente. Però il mio intervento vuole essere sulla tua maniacalità nell’individuare errori sulla carta stampata. Era un classico che tu correggessi i depliant e li consegnassi corretti all’artista le cui opere erano in mostra. E poi non puoi ricordanti quella volta che sei entrato nella mia galleria “La Bilancia” a Varese, dove esponeva un artista non di eccelse qualità E tu, dopo aver guardato le sue opere, mi hai detto: “Ti sei ricordato di fare la polizza assicurativa?”. E io: “Ma perché?”. “Perché qualcuno qui rischia di morire d’infarto!”.
“Ginetto, tu eri tutto un episodio. Te ne voglio ricordare uno che mette in evidenza la tua generosità”. Stavolta ad intervenire è l’amico di una vita, Luigi Sangalli. Nel 2012 quante volte siamo andati io e te a Busto Arsizio a casa di Aldo Alberti per contribuire alla stesura del catalogo della sua ultima mostra che si sarebbe tenuta a palazzo Cicogna? Lui era un artista centenario e tu non stavi mai fermo, lo volevi divertire con le tue barzellette. E finalmente, quando la mostra fu inaugurata tu eri felice felice. Avevi voluto dargli un’ultima soddisfazione”.
Lungo la tavolata sono seduti tanti altri amici. Ad uno ad uno tutti intervengono e il Ginetto è gaudioso. L’essenza dell’arte per lui è la bellezza dell’amicizia.
Federica Lucchini