Dalla Prealpina
In questi giorni ricorre il 70° anniversario della carica di Isbuscenskij, ultima carica del Savoia Cavalleria durante la campagna di Russia. Fu una battaglia epica, di coraggiosi che con sciabole e baionette riuscirono a sfondare l’accerchiamento di truppe siberiane munite di mitragliatrici e mortai. Con grande ardimento riuscirono a scompigliare i nemici inferendo ai russi 250 perdite e 900 prigionieri. Fra gli italiani perse la vita il maggiore Litta Modignani, medaglia d’oro al valore militare.
A Gavirate abita un superstite della battaglia, che ha ancora impressa questa esperienza, vissuta sul suo bianco cavallo, Berceto, che lo seguiva dalla campagna in Jugoslavia. “Si salvi chi può”, è la frase che ricorre nel racconto di Carlo Biasoli, classe 1918, 3° Savoia Cavalleria, Divisione Celere, attendente e portaordini del tenente Gino Compagnoni e del tenente Franco Toia. Alle 6,14 del 24 agosto 1942 con i compagni stava riposando in tenda nella steppa del Don, quando improvvisamente l’avvistamento dei russi lo costrinse ad indossare velocemente i gambali, l’elmetto e al grido di “carica” iniziare un combattimento corpo a corpo con siberiani e cosacchi. “E’ stato tutto così improvviso – ricorda – vedevo cadere feriti i miei compagni. Non c’era tempo per la paura, bisognava difendersi. Anch’io sono stato ferito, ma superficialmente al ginocchio”. Non ha parole di odio per i nemici, nonostante questa esperienza. Ricorda il rispetto della popolazione russa nei confronti degli italiani. Quando c’era abbondanza di cibo, offriva in segno di ospitalità semi arrostiti di zucca e girasole, vodka, uova, pane nelle case costruite con la terracreta tenuta salda dai gambi di girasole. Quando i russi cadevano prigionieri supplicavano di non essere consegnati in mano tedesca; volevano gli italiani.
Per anni, come molti reduci, Biasoli non ha parlato di questa esperienza. Tornato a casa, dopo mille peripezie ha ripreso il lavoro, formato una bella famiglia e lavorato la terra. Poi, divenuto anziano, il fiume dei ricordi ha cominciato a scorrere impetuoso. E allora è “sgorgato” il bisogno di rivedere i suoi superiori, i suoi compagni superstiti e di andare a salutare la vedova del maggiore Litta, nella sua villa di Varese.
Federica Lucchini
Carlo Biasoli: cento penne portate con onore di Federica Lucchini dal n. 23 di Menta e Rosmarino