“Se non ti sento, suona!”. Basta questa frase per far comprendere il rapporto stretto e affettuoso che il postino Fortunato De Felice, dal primo di agosto in pensione, ha stretto con i suoi utenti nella rione di Fignano a Gavirate nel corso dei suoi 37 anni di servizio ininterrotti. E’ affascinante sentire la sua esperienza, ora che le ferie preludono al riposo, sapendo che il suo lavoro andava oltre il servizio quotidiano di consegna della posta. C’era dietro quel gesto, un calore umano, un’empatia, che rivelavano per molti il bisogno di una presenza amica, anche se rapida, per motivi di servizio. La sua lunga attività ha fatto sì che conoscesse l’avvicendarsi delle generazioni e dei costumi. Ha fatto a tempo a vivere l’attesa delle cartoline, delle lettere con tutte le gioie connesse, di cui lui era partecipe come una presenza familiare. E accanto alla lettera di ingiunzione, non mancava la parola di conforto: “Conoscevo tante vicende, che mi venivano confidate e io mi sentivo coinvolto – ricorda – Avrei voluto che certe lettere non arrivassero e quando mi avvicinavo alla casa dell’utente, cercavo in ogni modo di alleviargli il problema per quanto mi era possibile. Un giorno particolare per gli anziani anni fa era quello in cui ricevevano il mandato per ritirare la pensione. Mi accoglievano gioiosi, come quando dovevo consegnare loro i pacchi Non riuscirò mai a dimenticare i gesti di gentilezza quando, per esempio, pioveva a dirotto. Tanti utenti mi invitavano in casa per asciugarmi e io a spiegare loro che era inutile, considerato che dovevo nuovamente uscire. “E allora fermati a bere un caffè!”.
Oltre che conoscere tutti i nomi dei suoi utenti, e quindi consegnare la posta anche se l’indirizzo era sbagliato, sapeva anche dei loro problemi di salute: nei condomini, quindi, saliva fino al loro uscio di casa. Le intemperie non gli hanno mai fatto paura: quando nevicava in certe vie in salita dove il motorino avrebbe faticato, ci pensavano i suoi piedi sempre rapidi. “Avrei potuto lavorare in ufficio, ma non ho voluto – spiega – Il bello del mio lavoro è sapere di essere atteso, di vivere un’umanità che ti arricchisce e che ti fa soffrire quando da un giorno all’altro non vedi più persone che conosci da una vita. Un’umanità così viva che faceva sì che tornassi una seconda volta, finito il giro, a consegnare missive rimaste in giacenza. La stima e l’affetto sono dei grandi stimoli”.