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Fu eretto nel 1936, con una cerimonia solenne, per favorire lo sport.

 28 Giugno 2021 |  Pippo | |

Oggi sul lungolago di Biandronno, è una struttura che, nella sua imponenza, caratterizza il luogo, ma nulla più. I pescatori dilettanti, i turisti gli passano accanto, gli girano anche attorno, ma nella più completa indifferenza. Quel manufatto in cemento non attira l’attenzione e soprattutto non ha niente a che fare con l’attualità, se si considera che il lago di Varese non è ancora balneabile. Eppure il trampolino ha avuto momenti di gloria, fu un orgoglio per i biandronnesi, unici ad avere lungo la riva una simile costruzione che desse ai giovani di allora un’opportunità che altri sognavano. Lunghe infatti, furono le dispute tra i comuni. Perché a Biandronno e non a Gavirate?  Fu eretto nel 1936, con una cerimonia solenne, in pieno ventennio fascista per favorire lo sport. Ancora oggi conserva traccia di un simbolo legato allo stile dell’epoca, non più leggibile. Una stanga impedisce la salita di una scala per niente invitante, considerata la sua ripidità. Appare una costruzione anacronistica, un reperto di un’altra epoca; merita, invece, di essere valorizzato come struttura unica, ancora conservata sul lago. Costruito in una posizione favorevole, che permette una visione ampia delle acque e del massiccio del Campo dei Fiori nella sua interezza, per più di trent’anni è stato utilizzato dai giovani. Inizialmente, dalla generazione che avrebbe poi combattuto durante il secondo conflitto mondiale, ed è stata quella che ha più apprezzato un simile privilegio. Erano bambini e ragazzi la cui palestra era rappresentata dalla strada, cresciuti in anni di miseria, dove la natura era stata la loro sala da gioco: anche un pezzo di legno era un oggetto che con l’immaginazione poteva diventare un giocattolo. Una infanzia e una adolescenza comunitarie (quando non si lavorava già in tenera età) durante le quali si conosceva tutto di tutti. Il lago era una distesa considerata pari nell’alvo materno. Lo si viveva anche di notte, solo per attraversarlo e andare a rubare la frutta negli orti di Voltorre e Oltrona. Quando la nuova costruzione fu innalzata, il lago offrì una possibilità in più per sentirlo maggiormente loro. E iniziarono le gare, i tuffi a tre altezze: un’animazione che rimase ben scolpita nelle loro memorie. Le generazioni successive ebbero sempre un rapporto stretto con il trampolino. Il pescatore Gianfranco Zanetti ricorda ancora da bambino e da adolescente le file ininterrotte di ragazzi che a turno si tuffavano, poi riemergevano e si rituffavano. Le acque erano pulite, si bevevano, i pesci erano abbondanti. Il lago dava il meglio di sé.  Cominciarono anche le ragazze a tuffarsi, in numero più ridotto, ma segno dei tempi che cambiavano. I ragazzi le guardavano con ammirazione. Poi tutto cambiò: le acque si inquinarono e quella che fu una bella esperienza cominciò ad essere un ricordo. Ora così lontano, da non notare la testimonianza di un’epoca felice.

Federica Lucchini     

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