“Al caro, vecchio lupo di lago, Angiol!”. La foto è sbiadita, ma la grafia chiara. Questa dedica, risalente al Natale 1958, è un documento prezioso per Fiorina Manfredi, 76 anni, l’ultima barcaiola del lago di Varese, che fino al 1992 ha trasportato con la barca di famiglia i visitatori all’isola Virginia. Porta la firma del professore Mario Bertolone, figura basilare per l’incremento degli scavi archeologici sul piccolo lembo di terra, e per la vitalità del museo civico di Villa Mirabello a Varese. Dimostra, inoltre, tutto il suo affetto nei confronti del padre, Angelo Manfredi, barcaiolo storico, che assieme alla moglie Ercolina per una vita intera effettuò questo servizio, partendo dall’attracco posto in fondo ad una scala che conduceva alla riva. Quel papà, che fin dall’età di 9 anni, la lasciò condurre da sola la barca. Il suo fu un viaggio di iniziazione duro, ma risolutivo per il suo avvenire. “Papà, ho paura del vento!”, ricorda che gli disse. “Lasciati cullare, ti porterà verso le canne!”. Dalla finestra di casa sua vede il lago e una punta di quell’isola “che sentivamo come nostra”, dice ricordando la sorella Carla che come lei considerava l’acqua al pari del liquido amniotico. Impavide, affrontavano ogni difficoltà: aiutavano a portare via il fango raccolto con la pala per poter sistemare meglio il pontile, alzavano, abbassavano la passerella e via con le barche, chiamate entrambe con i loro nomi. Metereologa attenta come il marito Orazio, Fiorina si blocca ancora di fronte al ricordo del lago “che diventa bianco per la schiuma e le onde cominciano ad alzarsi per il vento forte”. La loro barca è stata un mezzo privilegiato e loro guidatori pazienti e indaffarati quando arrivava il mese di settembre negli anni Cinquanta/Sessanta: era il mese ideale per effettuare gli scavi archeologici. E l’impegno per loro era considerevole soprattutto perché era richiesta la puntualità da parte degli stessi archeologi. Certo, alcuni di loro, facevano il viaggio in silenzio, al ritorno richiedevano una lunga attesa: gli scavi dovevano essere richiusi e coperti, gli strumenti riposti e nulla trapelava dalle loro bocche. Quando arrivava il professor Bertolone, invece, era una festa. “Giungeva con la corriera da Varese, assieme alla moglie Elda e la figlia Franca ed era affettuoso con noi, scherzava, tante erano le sue battute”. “Al ritorno -interviene il marito Orazio- metteva sul nostro tavolo una cassettina che conteneva i reperti ritrovati durante la giornata e ci spiegava il loro uso, ci illustrava il materiale di cui erano fatti. Ci faceva sentire partecipi della sua attività e noi ci sentivamo orgogliosi”. “Ricordo i coltellini, le punte di freccia -continua Fiorina con un sorriso luminoso- Faceva parte della nostra famiglia”. Quando lei e il marito si sono sposati il 16 settembre del 1962, Bertolone non ha mancato di far sentire la sua partecipazione, testimoniata dalla lettera che i coniugi conservano e nella quale è chiaro il riferimento “alla famiglia dell’Angiol, quale esempio di grande rettitudine”. Poi termina: “W l’Italia! W Biandronno! W l’isola Virginia!”. Fra i documenti Fiorina estrae quello per loro più antico, testimonianza di quanto l’attività paterna sia incarnata nella sua vita: è l’atto firmato dal podestà, che certifica la professione di barcaiolo per servizio pubblico. Porta la data del 25 luglio 1931.
Federica Lucchini