Varesenews
Draghi ha oggi affermato che da quasi «vent’anni è in atto una tendenza alla concentrazione dei redditi delle famiglie che penalizza i più deboli». Per Draghi occorrerebbe «una più equa partecipazione ai frutti della ricchezza nazionale». Finalmente! Finalmente qualcuno se ne accorge: il reddito delle persone povere va diminuendo e, dato inquietante, le differenze fra i ricchi e i poveri si stanno acuendo. A confermare questo stato di cose è un numero, il coefficiente di Gini, un valore di riferimento che si ricava con un laborioso procedimento matematico e che misura la disuguaglianza sociale di un paese. Questo numero colloca ormai l’Italia ai gradini più bassi dell’Ocse. L’eguaglianza non la si ricerca più, e le distanze si allargano e, in prospettiva, se non invertiamo la nostra tendenza a diventare sempre più diseguali, ci avvicineremo a paesi come l’America o la Russia, paradiso dei ricchi. Un problema – quello delle disuguaglianze – divenuto ormai internazionale e che altri hanno tentato di affrontare: basti pensare alla battaglia di Obama negli Stati Uniti per tassare di più i redditi dei ricchi ma non quelli del ceto medio, oppure al dibattito accesissimo in Francia per la “tassa sui ricchi”. Qui da noi: nulla. Il governo Monti ha preferito tagliare indistintamente, a prescindere dalla classe sociale, senza per altro toccare le grandi rendite da capitale e le rendite finanziarie; ciò ha contribuito a spingere la classe media verso il basso, i super-ricchi verso l’alto e ad affondare i più poveri. Altro fatto grave è che le rendite da capitale e le rendite finanziarie, dati economici alla mano, stanno crescendo tanto da far scrivere all’economista Luigino Bruni che: “A distanza di qualche secolo stiamo tornando a una situazione molto, troppo simile a quella feudale, poiché il centro del sistema sta tornando a essere la rendita. E quando l’asse si sposta dal lavoro alle rendite, l’arricchimento di alcuni non produce più vantaggi sociali per altri ….”. Lo spostamento a favore del capitale, realizzato anche tramite la speculazione finanziaria globale, non ha certo reso un favore ai poveri diavoli; semmai evidenzia, con sintesi brutale, la sconfitta di una sinistra il cui scopo, per oltre un secolo, si identificò con il miglioramento delle condizioni di vita dei ceti meno abbienti, primi fra tutti gli operai. La cosa che proprio non riesco però a comprendere è come questo problema non sia oggi al centro dei discorsi politici (specie della sinistra). Soprattutto, mi è incomprensibile come nei tanti dibattiti si ponga spesso l’accento sul tema della diseguaglianza, ma non lo si traduca mai in cifre e dati precisi. Mi piacerebbe quindi che il nostro Letta si impegnasse non solo a sostenere la crescita (punti di PIL), o a ridurre il rapporto debito/PIL, o a fare tutto quello di cui si dice, ma anche a ridurre le diseguaglianze (e quindi a ridurre l’indice di Gini!).
7/05/2013
Alberto Palazzi