Fare politica non significa essere iscritti per forza a un partito, condividere le idee di una piccola oligarchia, sentirsi rappresentanti di un regno o di un principato, aggiustare un marciapiede o sventolare la bandiera della solidarietà, ma contribuire con i propri talenti e le proprie capacità al benessere della realtà in cui abbiamo avuto la fortuna o la sfortuna di vivere una parte importante della nostra vita. Ci sono cittadini che collaborano e altri no, la coesione implica uno sforzo, per capire fino in fondo il valore di un paese, di una città, di una nazione, per rendersi conto di quanto sia importante interagire, relazionarsi, cooperare perché quella realtà di cui siamo responsabili diventi sempre più bella, amata, apprezzata e ben goduta. Non è necessario avere una tessera, essere animati da varie forme di arrivismo, dalla voglia di primeggiare , bastano l’impegno, la gratitudine, la collaborazione, basta dare ogni giorno qualcosa che aiuti la comunità a vivere meglio la propria condizione, avendo l’accortezza di possedere una visione chiara delle cose e delle persone, per non perdere mai di vista l’ interconnessione che esiste dentro il cuore della comunità. Non è necessario esibire, far vedere, brandire, dimostrare, basta anche solo fare il proprio dovere, lavorare, educare, insegnare, conservare, proteggere, stimolare, curando soprattutto quell’aspetto umano della vita che spesso viene messo da parte perché ritenuto erroneamente inadeguato, da chi vive in funzione del successo personale. Se ci guardiamo attorno con attenzione ci rendiamo conto che il senso di responsabilità personale manca proprio dove dovrebbe trionfare, in molti casi chi dovrebbe fare la fortuna di una comunità pensa più a se stesso che alla funzione pubblica del proprio incarico. Per capire se una comunità opera con senso di responsabilità basta essere dei buoni osservatori, camminare per strada con gli occhi aperti, tenere le orecchie bene aperte, saper guardare non solo dove fa comodo e quello che fa comodo, ma soprattutto dove la realtà non è quella di cui ci siamo fatti garanti con l’idea di cambiarla. La forza di una comunità sta nelle persone che la rappresentano, nella loro capacità di non lasciare indietro nessuno, di avvalersi del contributo di tutti, uscendo allo scoperto, lasciando le nicchie di appartenenza per entrare in un rapporto empatico, di conoscenza reciproca, di aiuto reciproco, di umana e civile convivenza con i problemi e con le cose belle che spesso ignoriamo proprio per ignoranza o per varie forme di arroganza. La politica diventa veramente attiva quando si svela nelle piccole cose, quando sa riunire, organizzare, quando sa andare oltre le mire private, la costruzione di piccole isole, quando si sa donare senza riserve, quando ti fa sentire parte integrante di una realtà, quando sollecita l’animo a prendersi cura della propria stagione, quando ti fa amare e apprezzare la vita in tutte le sue forme, quando sa saldare, incollare, legare insieme, ricreare. L’educazione popolare era e resta fondamentale, perché va oltre i muri e le indebite appropriazioni, perché fa capire che il territorio non è una proprietà privata, ma un luogo pubblico a cui vanno tutta la nostra riconoscenza e il nostro rispetto. In questi anni di politica irresponsabile, costruita sull’urlo, l’insulto, il massacro mediatico, l’intolleranza, la prevaricazione, la corruzione, l’accaparramento di beni e di successi, ci siamo resi conto di quanto l’irresponsabilità compia misfatti, apra la via alla progressiva dissoluzione dei grandi valori della democrazia, permetta al disagio di penetrare a fondo l’identità di un tessuto sociale, fino a cancellarlo. Ritrovare la politica significa scoprire di nuovo la bellezza di ciò che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino, la forza della collaborazione, l’idea che si possa davvero migliorare la nostra vita, rispettandola in tutte le sue forme e le sue manifestazioni. Per fare questo bisogna mettere da parte anche solo l’idea del primato e calarsi in una reciprocità di rapporti in cui si lavori con entusiasmo per realizzare quel bene comune a cui tutti tendiamo. Dunque la politica non è uno spazio riservato alle menti eccelse, non è la certezza di poter esercitare finalmente quel potere al quale abbiamo riservato le nostre ambizioni, ma una disponibilità d’animo costante e perseverante, la convinzione che occorra fare sempre qualcosa di bello e di utile per avere un paese migliore. Le esperienze passate ci hanno insegnato che bisogna lavorare tanto e con fatica per ottenere risultati, ci hanno fatto capire che bisogna lavorare sodo e con passione, che bisogna dare sempre il massimo di se stessi, anche quando quel mondo che ti sorride magari lo fa per convenienza, forse per mascherare una certa forma di invidia. La politica è trasformata spesso in una sorta di proprietà privata, svuotata della sua spinta morale, della sua sostanza etica, della sua capacità di capire e aiutare i bisogni e le necessità della gente, in molti casi diventa un laboratorio di autoreferenzialità, dove i potenti si arrogano il diritto di esercitare il proprio primato, dimenticandosi che tutto ciò che abbiamo non ci appartiene e che abbiamo una grande responsabilità nei confronti delle generazioni che verranno. Fare politica significa camminare ogni giorno sapendo che dobbiamo fare quello che il nostro paese ci chiede per essere sicuro di poter sostenere il confronto con chi osserva e giudica, ma soprattutto per quel sacrosanto rispetto che dobbiamo a “sora nostra madre terra” alla quale apparteniamo e alla quale dobbiamo tutto il nostro rispetto. Sarebbe una bellissima cosa se si cominciasse a insegnare l’arte dell’attenzione civile in famiglia e nelle scuole, con una progressività di formazione, in modo tale che le persone imparino a diventare cittadini molto presto, gestendo con garbo e con fermezza tutte quelle disponibilità che servono per rendere sempre più accogliente lo spazio nel quale dobbiamo dimostrare il nostro senso di responsabilità.