Allora, vediamo di fare il punto della situazione e di chiarire alcuni concetti che mi stanno a cuore: molti mi considerano tradizionale, amante del passato e del “vecchio” e “popolare”. Forse perché parlo di storia popolare e comune, di eccellenze alimentari e di tradizioni locali per qualcuno scontate per altri “burine” e poco raffinate. Per molti questi argomenti sono sinonimo di arretratezza e nostalgia del passato. Che tristezza….. Che tristezza se a causa di questa mentalità moderna veloce e spietata ai giovani viene tolta la possibilità di conoscere le proprie origini…. Che tristezza, quando sempre a causa di messaggi subdoli e moderni danno calci morali a persone fiere delle loro rughe e dei loro acciacchi solo perché non è stato insegnato loro ad ascoltarli, imparare dall’esperienza e rispettarli per poter crescere più ricchi in conoscenza ancestrale…. Che tristezza…. Quando a loro non viene data la possibilità di divertirsi con poco e con le cose semplici spesso considerate incolte e folkloristiche, obbligandoli così a divertirsi con birra, sigarette,tecnologia e folli corse in macchina per poter staccare dall’obbligo di essere sempre istruiti, perfetti, primeggiare su tutti, seri, acculturati, pronti a schiacciare la testa agli altri. Perché è questo che la modernità pretende. E non dite di no. Banditi i difetti, bandite anche le eccellenze personali e le proprie qualità per adattarsi ad un mondo che guarda solo al futuro incerto e che fa paura. Voi mi chiedete se voglio tornare in dietro? Io credo che quando si vive e si conosce una situazione o un periodo storico, se si è intelligenti, si prende di esso la parte buona che deve proseguire ad arricchire il futuro e vengono riconosciuti, dimenticati e mai ripetuti gli errori. Io non credo che fossero stati errori la semplicità popolare, il rispetto per i valori, l’accontentarsi di poco e l’imparare dall’esperienza. Qualcuno mi ha criticato perché ho scritto una canzone sulla polenta considerandolo un argomento futile, retrogrado e folkloritico. Mai nulla di più sbagliato. Ci vorrebbe più polenta e più castagne per insegnare ad amare la nostra terra, come più pomodori secchi e arance per raccontare la Sicilia o pizza per Napoli. Io credo che i nostri giovani debbano avere un esempio di filo conduttore tra passato e futuro e tutti gli elementi che li localizzano e li integrano dove vivono. Evviva il passato! Evviva la storia popolare! Insegniamola ai nostri ragazzi amandola prima noi!
Ti te set tücc, mia dumà un tuchell
Ti te set chel ca te cugnossat,
ca ta fa surid, ur brütt e ur bell
Ti te set ur to pasaa,
mia chel di altar che te leget in sul libar de scöla
Ur pasaa di to gent
che l’ha fai la nostra mentalità
Ti te set ra tot era, ra to famiglia,
ur rispett par ur vecc
Ur rispett par la lengua, la müsiga…
Ti te set chel ca te sentet parlà,
chel ca te insegnen,
mia chel ca te stüdià.
Ti te set i to valur,
chel che ra to nona la ta insegnà
intant che la pregava ur nostar Signor
Diana Ceriani, orgogliosa di essere semplicemente inserita nell’antica idea di “popolare”.