C’è stato un momento significativo della nostra storia in cui ci hanno insegnato ad amare la patria e lo hanno fatto con tutto l’amore di cui disponevano. Ricordo una maestra già un po’ anziana che entrava in classe e ci faceva recitare l’Ave Maria. Era innamorata della sua nazione, lo si percepiva abbastanza serenamente dalla tensione emotiva con cui sussurrava le parole di una canzone, i versi di un poeta o quelli di una narratrice, il calore passionale con cui parlava dei soldati, dei loro sacrifici, della loro morte solitaria in terra straniera, tra sofferenze immense e ricordi strazianti legati per lo più al richiamo eterno di una madre. La sua energia straripava quando ci insegnava l’Inno di Mameli, quando elencava tutti quei personaggi che, per l’unità del nostro paese, avevano immolato la propria vita, scrivendo pagine di storia ineguagliabili e indelebili. Lo faceva perché ci credeva, aveva tutto così ben chiaro nel suo cuore e nella sua mente, che te lo restituiva carico di straripante sensibilità evocativa. Imparavi quasi per forza, perché era lei che guidava, lei che ti faceva capire che l’emozione sarebbe durata anche oltre i limiti imposti dall’età, dalla cultura e dalle differenze sociali. Sentivi un fremito e accumulavi quei tesori in chissà quale angolo, per poi un giorno andare a ritrovarli, rispolverando il significato vero e profondo di una saggezza, di persone che credevano sul serio in quello che facevano e in quello che dicevano.
La patria non era un’utopia inventata da qualche ideologo in cerca di voti, era semplicemente quella parte di noi stessi che aveva bisogno di essere riconosciuta e amata, ricordata e tramandata, per non perdere mai di vista tutto ciò che aveva alimentato la nostra curiosità, la nostra voglia di crescere in una libertà consapevole, dove l’umanità fosse davvero quel sogno in cui avevamo depositato la nostra fede. Ripercorrere, riannodare, è soprattutto riconquistare, rimettere in circolo qualcosa che ci aveva fatto crescere e sognare e realizzare e amare, sempre con uno sguardo capace di andare oltre i muri e la barriere degli uomini, è qualcosa di cui andiamo fieri ancora oggi in una società che spesso non si rende conto di quanto e di cosa stia perdendo per strada. E’ assaporando queste delicatezze umane che riusciamo ancora a dare un senso alla nostra storia personale e a quella più grande, quella che ci appare estranea e irraggiungibile, ma che in realtà ci richiama sistematicamente e quotidianamente a un esame di coscienza, a un tuffo nel nostro cuore e nella nostra anima. E’ annaspando tra questi ricordi dolcissimi che la Patria riemerge con tutta la sua forza, la sua bellezza e la sua energia ed è in questa tensione commemorativa e riabilitativa che ci rendiamo conto di tutto quello che hanno fatto uomini e donne, per dare un senso a valori come il sacrificio, la sofferenza, la morte, ma anche la gioia di aver dato vita a una identità, a una libertà, a una lingua, a una bandiera e a un inno in cui versare, nei momenti di tristezza e di malinconia, l’irresistibile fierezza di un popolo.