C’è un tipo di educazione di cui si parla poco e forse pochissimo, ma che riveste un’importanza fondamentale: l’educazione alla vita. Incontrarla, conoscerla, viverla, rispettarla, amarla, condividerla, motivarla, quante cose si possono fare per rendere la vita viva e presente, per consegnarle il rispetto che merita, per farla diventare il punto di partenza e quello di arrivo, per darle un senso. In molti casi basta poco, basta fermarsi un attimo a osservare, ascoltare, vedere, sentire, provare, basta porgere l’orecchio o inoltrare lo sguardo, c’è sempre qualcosa che colpisce, che fa riflettere, che allarga il pensiero. La vita è un dono prezioso, di cui spesso diventa difficile comprendere l’essenza, tanto è magico e profondo, ma vale la pena cercare di agguantarlo e di stargli un pochino in compagnia, quanto basta per individuarne la voce, il respiro, l’intensità, la bellezza. Come tutti i doni preziosi ha le sue regole, le sue necessità, richiede che lo si comprenda, che si educhino le persone ad amarlo. Educare alla vita non è semplice, si tratta di un percorso articolato e complesso, che richiede competenza, volontà, autorevolezza, passione, entusiasmo, amore, collaborazione e condivisione, capacità di saper entrare là dove le penombre sono stabili, non hanno nessuno che le rischiari.
Non è facile dare un senso alle cose che si fanno, imparare a chiedersi il perché si fanno, qual è la strada migliore, chiedere, confrontarsi, mettersi in gioco, dare il via libera alle risorse che ci sono state consegnate. Uno dei problemi di oggi è proprio quello di non saper trasmettere un senso, di non saper o di non voler entrare nel vissuto della nostra storia personale e di quella della collettività nella quale abbiamo avuto la fortuna o la sfortuna di capitare, cercandone le ragioni. In molti casi si vive alla giornata, come se la vita non avesse un tempo, un cuore, un’anima, progetti e prospettive. La abbandoniamo e così la priviamo della possibilità di dimostrarci quanto sia ricca e variegata, piena di risorse, di emozioni, sensibilità, di voglia di fare, di essere, di arrivare, di farci stare bene con noi stessi e con il mondo. Per tutto questo ha soprattutto bisogno di potersi esprimere, di poter godere di quella libertà espressiva che è condizione fondante della sua storia. La vita va amata, per questo motivata, fatta conoscere, capita, apprezzata, ha bisogno di conduttori e conduttrici che la sappiano veicolare soprattutto là dove gli spazi sono molto stretti e la valorizzazione non sempre umanamente possibile. La vita va dunque valorizzata, soprattutto quando mostra il volto che amiamo di meno, perché è quello che ci fa soffrire, disperare, intristire. Imparare a vivere è dare un senso a quello che facciamo, a come lo facciamo, alla finalità per cui compiamo gesti, sviluppiamo immagini e pensieri, dare un senso allo spazio che occupiamo, al tempo che ci è stato consegnato. Nell’incertezza del tempo occorre forse potenziare al massimo la parte costruttiva. Incontriamo spesso persone, a volte anche molto giovani, che vivono senza dare un senso a quello che fanno, come se loro fossero il mondo e tutto il resto non contasse nulla. Si ha la netta sensazione che nessuno abbia mai detto loro qualcosa di importante sul come valorizzare la preziosità di un dono, sul come donarlo, esprimerlo, farlo conoscere e farlo amare. Educare alla vita significa portarle rispetto, aiutare a realizzarla, favorirne la crescita, fare in modo che possa conoscersi sempre un po’ di più per essere attenta e responsabile. Educare alla vita è un passaggio fondamentale verso la maturità, verso la comprensione di sé e degli altri, vivendo secondo un ordine, una prospettiva, un progetto, senza buttare via niente, pronti sempre a riconvertire e a promuovere, mantenendo ferma la convinzione che i doni, quando sono preziosi, perché debbano essere amati e conservati con molta cura.