EDUCARE AL GIOCO DEL CALCIO, SOPRATTUTTO IN ORATORIO
di felice magnani
Il gioco più bello del mondo? Sicuramente il calcio. Il calcio un gioco singolo o di squadra? Sicuramente di squadra, con il vantaggio che una predisposizione personale avvantaggia chi lo pratica. Il calcio è educazione? Sì e al massimo livello. Mi diceva un famosissimo arbitro italiano che il calcio è la rappresentazione più vera e rappresentativa della vita, ne riassume praticamente tutto. Dentro un campetto ventidue giocatori s’incontrano per disputarsi la vittoria. Ogni giocatore ha un ruolo preciso che può anche assumere posizioni diverse a seconda delle necessità della squadra, ogni giocatore ha diritti e doveri, ha un codice di comportamento individuale e collettivo da rispettare e da comunicare, ha responsabilità precise. La sua prestazione è sotto il giudizio di tutti. La squadra è una straordinaria composizione di uomini e di anime, non dimentichiamo mai che la bellezza, anche quella di un gioco, nasce dal profondo, là dove l’uomo sa di essere uomo e conosce bene quali siano le regole a cui si deve attenere per essere di aiuto a se stesso e alla piccola comunità in cui è inserito. Una squadra di calcio, a qualunque livello di appartenenza, ha compiti precisi da assolvere, supportati da comportamenti che non lasciano spazio a varie forme di anarchia, di prevaricazione o di maleducazione. La bellezza del gioco del calcio è nel gioco stesso e il gioco risulta essere più bello ed emozionante se chi lo pratica è un gentiluomo, uno che sa apprezzare il valore di quello che sta facendo e lo fa con la convinzione di essere utile ai compagni e a chi osserva da spettatore. Giocatori non ci si inventa, si diventa e per diventarli bisogna saper mettere impegno, passione, motivazione, serietà, senso di responsabilità, tanto sacrificio e molto rispetto. Come in ogni lavoro riesce chi ci mette l’anima, chi si sa donare sapendo perfettamente quello che fa. Un grande calciatore del passato, in una intervista mi ha raccontato che ha imparato a giocare a calcio nel campetto dell’oratorio, allenato da un adulto che sapeva molto non solo di calcio, ma soprattutto di educazione allo sport e di educazione alla vita. Mi ha confermato che all’oratorio si giocava con grande serietà: niente parolacce, niente bestemmie, niente versi animaleschi, il padrone di casa, cioè il parroco, era molto attento alla vita educativa dell’oratorio. Con lui si poteva fare tutto, giocare e pregare, ma nel massimo rispetto della vita comunitaria e della sacralità del luogo. Lo sport, qualunque tipo di sport, nasce per educare, per far capire come ci dobbiamo comportare per cambiare in meglio la nostra vita e quella della comunità che ci osserva e ci giudica.