Ora è completa. E’ stato ritrovato il pezzo mancante, che aggiunge maggior valore a questa scatola di legno all’apparenza insignificante, una di quelle senza pretese, piuttosto bassa e larga. Dire che è un cimelio, sembra impossibile. Eppure è così. Negli anni Trenta del secolo scorso, è stata la scatola delle meraviglie di un futuro scrittore che sarebbe stato conosciuto in tutto il mondo per la sua fantasia benefica. Si deve aprire lentamente, tirando verso di noi il coperchio. Sollevandolo, la prima sorpresa: attaccata, e ancora ben conservata come una reliquia in tutti questi anni dai proprietari (Giulio, Attilio, e Rosamaria Ossola), la scenografia di un teatrino, ora intera con il ritrovamento del pezzo mancante. Da un lato sul pezzo di legno l’interno di una abitazione, dall’altro una di quelle immagini di paesaggi sereni entro i quali si possono ambientare mille storie. Poi le quinte, rossi tendoni di velluto e sempre incollati sul legno alcuni personaggi come Gianduja. Legno, colla, figurine ritagliate. E dove sta la preziosità? E’ ora di svelare il mistero: questo teatrino ha costituito una palestra molto efficace per Gianni Rodari da bambino nell’inventare storie. Era appena giunto a Gavirate dalla nativa Omegna con la mamma Maddalena, il fratello Cesare ed era venuto ad abitare in una casa nel rione Fignano. Erano anni duri economicamente per la famiglia, rimasta senza padre: l’acquisto di un teatrino sarebbe stato impossibile, ma c’era la generosità dell’amico Giulio. E Gianni ci mise tutta la sua fantasia per rendere vivo quell’oggetto: aveva davanti il modello dei burattinai che giravano nei paesi, tra cui Gualberto Niemen, che avrebbe preso la residenza a Biandronno e il suo personaggio principale era Gianduja. I bambini, con i nonni e i genitori giungevano con le sedie portate da casa in un cortile adiacente piazza Libertà, dove abitava Giulio. Questo è un ricordo molto vivo in chi ha avuto il privilegio di assistere agli spettacoli inventati da Gianni: l’ultima testimone è deceduta un mese fa, Teodolinda (Tea) Zocca, che ricordava come Gianni sapesse impersonare perfettamente con la voce sia i personaggi positivi, sia i cattivi. Da una finestrella che fungeva da boccascena, ancora presente oggi, sotto una scala esterna, iniziava un divertimento garantito. Nel piccolo mondo di un cortile, in mezzo alla sua animazione quotidiana, c’è stato lo spazio per sviluppare la fantasia di un futuro scrittore. E lui lo ha ricordato proprio nella “Grammatica della fantasia”: brevemente, solo un cenno, ma tanto per fissare un momento della sua infanzia a Gavirate e per scrivere: “In vita mia sono stato burattinaio da bambino agendo in un sottoscala che aveva una finestrella fatta apposta per assumere il ruolo di boccascena”. Nello stesso capitolo ha aggiunto: “Un burattinaio solo, se ci sa fare, può dialogare con il suo pubblico di bambini, senza stancarsi e senza stancarli”. Quello che ha fatto lui a Fignano.
Federica Lucchini