Un duemilaventi terribile ha costretto a modificare radicalmente il nostro modo di vivere, ci ha imposto riflessioni che mai avremmo immaginato, ci ha posto di fronte a temi e problemi di vario ordine di grandezza, aprendo nuovi spazi all’esplorazione di un destino a cui ci eravamo troppo facilmente abituati. Finito il tempo delle abitudini si è profilato con inaudita veemenza quello di modelli sostitutivi, capaci di sradicare il senso di una vita catapultata completamente fuori da quell’ordine precostituito, dentro il quale l’avevamo definita, insieme alla nostra storia. Una storia nuova , capace di ribaltare, detronizzare, destabilizzare, sciogliere, annichilire, distruggere, dominata dalle bizze violente di un virus impazzito che ha sconvolto ogni tipo di battuta, che ha cercato in tutti i modi di annientare la fede, la vita, la speranza, la razionalità, imponendo retrospettive e analisi di fondo alle quali non eravamo più abituati. L’ambiguità si è amplificata, non ha retto l’onda di piena di un nemico diventato sempre più subdolo, al punto di portarsi via la parte nobile della nostra storia, quella che ha costruito giorno dopo giorno una straordinaria continuità di calore umano e di bellezza, di amore pieno di speranza. Quei vecchi a cui avevamo affidato l’impeto passionale della nostra fanciullezza e della nostra giovinezza sono stati portati via senza aver avuto neppure il tempo di guardare negli occhi il frutto della loro paziente e costante disponibilità. Vita e morte, vecchiaia e giovinezza, malattia e sofferenza, materialismo e idealismo, libertà e prigionia, speranza e depressione, sono espressioni e caratteri di un momento difficile, di un tempo che chiede risposte immediate, che non ama i sotterfugi e le ambiguità, un tempo in cui mutano i valori e i significati, per fare in modo che la vita non perda neppure per un attimo il suo senso, la sua immagine, la sua voglia di esserci sempre, ogni volta che ci chiama. Improvvisamente ci siamo accorti di quanto fossero importanti e necessari alcuni tipi di lavori che forse avevamo sottovalutato, lasciandoli in pasto a una letteratura un po’ missionaria da mostrare nelle occasioni particolari, quando ne va dell’idea di patria, di etica, di famiglia, quando cioè diventa necessario ricorrere a quel mondo dei valori senza il quale vivremmo ancora tra le dune di un deserto. Dopo lunghe e interminabili attese, dopo aver chinato il capo in segno di assoluta impotenza di fronte alla strafottente aggressività di un virus arrivato da chissà dove, dopo aver pianto e condiviso la solitudine di una chiesa alle prese con i suoi drammi, dopo essere stati testimoni di quanto sia povera e fragile la presuntuosa avvenenza della politica e quanto sia povera di spirito l’umanità alle prese con la sua sopravvivenza, ci avviamo a una nuova stagione della vita rimettendo in fila tutti quei presupposti che dovrebbero rigenerarla e ringiovanirla, consegnandole il desiderio di essere più visionaria e più attenta ai bisogni e alle necessità di un genere umano rimasto molto solo, massacrato dall’incapacità umana di saper guardare sempre un pochino più in là, dove il sole risorge con la speranza che una luce più intensa e trasparente possa davvero restituire risposte più vere e convincenti a chi ha perso per strada l’orientamento. Improvvisamente quel mondo che ci appariva forte e inattaccabile ci ha fatto capire che dare un senso vero e profondo alla nostra vita è già di per sé un vero e proprio miracolo d’amore e che il bisogno di amare vale tutto il potere del mondo. Uno dei grandi temi che l’umanità ha forse volutamente trascurato forse per paura o forse per ricercata e sottile dimenticanza è quel pensiero del divino che ha scosso le coscienze e i cuori di illustri pensatori, di uomini e donne che hanno sperimentato sul campo il grandissimo dono di quell’aspirazione alla santità che ha riaperto il gusto di una bellezza più leggera, più vera, meno appariscente e meno scontata, più capace di riannodare le diverse anime pensanti che scuotono i turbamenti degli esseri umani che anelano a ritrovare il giusto rapporto che lega la terra al cielo. Più leggerezza e meno consumismo, più solidarietà e meno calcolo, più sobrietà e immediatezza, forse la pandemia ha insegnato anche questo, a rafforzare l’intensità di una passione che non si ferma, che si lascia condurre dalla volontà di ripristinare una coscienza che sappia restituire quella parte di fiducia e di speranza che un virus arrivato da lontano pensava di aver, presuntuosamente, destrutturato per sempre.
Da Internet