“Apri i miei occhi perché io veda le meraviglie del tuo Amore”
Sono passati quasi sei mesi dal mio arrivo in terra d’Haiti. Già quattro nella parrocchia Santa Croce di Ka Philippe dove oggi ho celebrato la Pasqua. La preparazione per me è stata molto impegnativa perché ancora limitato nella lingua e quindi nei contatti più familiari che ritengo il dono più bello della Pasqua del Signore.
Mi sentivo per questo molto somigliante agli apostoli nella loro fatica ad accogliere la “novità di vita” che li aveva già coinvolti, ma che non riuscivano ancora a “comprendere”. Così come per loro, uno scoraggiamento tentava di prendere il mio cuore, i miei gesti e le mie relazioni. Così ho deciso, ma lo sentivo profondamente, di “stare” nel sabato santo davanti al Crocefisso per “camminare” con Lui verso la Pasqua.
Il tempo di restare mi era concesso per la disponibilità che avevamo dato in quel giorno alle confessioni. Nell’attesa dei “pochi” che hanno voluto ricevere uno dei più bei sacramenti della vita cristiana, avevo il tempo di “guardare” alla sua immagine tanto faticosa a contemplare per i sentimenti che suscitava in me. Leggevo e rileggevo i passi della passione di Gesù e sempre più “vedevo” la violenza che si abbatteva su di Lui e la sua impensabile disponibilità a continuare a testimoniare il suo progetto di vita, il motivo per cui si donava a noi accogliendo fino in fondo l’incredibile cattiveria in nome di un “nostro sguardo” sulla vita del prossimo aprendo le braccia al valore del donarsi totalmente come una mamma che accetta di accogliere in sé “una vita sconosciuta” per “farla” sua figlia o suo figlio.
Nella mia piccolezza vedevo le tante sofferenze morali e fisiche che tanti fratelli e sorelle nel mondo e a volte anche in me, e in ogni parte del mondo, sono costretti a vivere a causa dei “nostri sguardi”: indifferenti, aggressivi, egoistici. E Lui, il Signore, che rimane fedele nel donarsi “tutto” fino all’estrema accoglienza della morte terribile sulla croce dove è privato di ogni dignità umana e come uno schiavo denudato per toglierli di dosso ogni segno di appartenenza umana e sociale. Vedevo la sua tremenda “inutilità” secondo i paradigmi del successo, del potere, dell’avere. In questa emozione intensamente fisica una persona interrompe positivamente la mia contemplazione perché vuole confessarsi. Con il cuore pieno di questo mistero d’amore d’inutilità, che spesso non vediamo o non vogliamo vedere, mi metto in ascolto del fratello nel tremore di non comprendere al meglio la sua confessione in lingua creola. Però che gioia per me poter donare, prima ancora di conoscere i suoi peccati, la benedizione che, in quel momento, sentivo più viva che mai per le stesse parole di Gesù consegnate al Padre dalla croce e per questo date anche a me come ministro, servitore della sua volontà: “Padre perdona loro…”.
Questo fratello parlava proprio bene il creolo e così mi permetteva di capire e di offrire parole misericordiose perché lui potesse scegliere di ricominciare un cammino dove la responsabilità personale di riparare ai suoi peccati e di iniziare una vita nuova erano le necessarie scelte per una vera pasqua della sua vita. E alla fine, ecco il “dono” del segno della croce per dirgli che è amato.
Che grande scelta ogni volta che faccio il segno della croce liberandolo dall’abitudine superficiale che in una specie di automatismo lo fa scorrere senza permettermi di consegnarmi a questo dono di comunione con il Signore. Riscoprire infatti di essere amati e di poter condividere questo amore attraverso le mie membra il mio cuore, la mia intelligenza è rinnovare il lasciarsi rigenerare nel battesimo ricevuto da piccoli come figli di Dio e corresponsabili nella sua missione. Questa confessione mi è sembrata proprio un segno della provvidenza perché mi ha aiutato ad “aprire gli occhi alle meraviglie del suo amore”. “L’inutilità” di Gesù, secondo i paradigmi del successo, ha aperto i “miei occhi” al guardare lontano della misericordia divina che libera e ridà pienezza alla vita umana tante volte ferita nella sua pienezza dalle scelte che separano fino ad accettare di odiare, di non vedere, di non agire in nome di un proprio presunto diritto. Invece l’unico vero e meraviglioso diritto è quello di “restare umani” valorizzando tutto noi stessi perché resi capaci di “guardare lontano” e in questo avere la forza del per-dono come una mamma che sa dare la vita senza nulla chiedere in cambio. L’inutilità che Gesù accoglie sulla croce, nonostante la sua potenza creatrice, ha così liberato anche il mio cuore dal bisogno di “saper fare” per “rinascere” al guardare lontano che Gesù ha rimesso nel mio cuore ridandomi, ancora una volta, la gioia del farmi prossimo scendendo dalla “mia cavalcatura” per vivere la mia “inutilità evangelica” prendermi cura di chi è caduto in mano dei “briganti del mondo” che gli hanno tolto la speranza lasciandolo mezzo morto, con le mie attuali capacità.
Buona pasqua a tutti sapendoci cullati dall’inutilità di Gesù per diventare sorgenti di vita nuova e con voi “guardo lontano”.
don Hervé.
Ka Philippe, domenica pomeriggio 24-4-2019 – Haiti