Mi ha sempre aiutato, nel mio cammino di adesione a Gesù nella quotidiana ferialità della vita di fede”, la testimonianza di tantissime famiglie che ho avuto il dono d’incontrare facendo con loro un “tratto di strada insieme”.
Sono stato testimone affascinato dei tanti “cambiamenti” che prima da sposi nella fede e poi, via via, alla nascita dei figli, le famiglie hanno vissuto nel loro crescere nella vita con i figli. E’ bello qui ricordare che la casa costruita sulla roccia (Gesù) offre sempre accoglienza e prospettive perché non cade sotto le “intemperie della vita, anzi.
La fedeltà di un genitore infatti è verificata sempre alla luce della quotidianità della vita che si radica sulla continuità della scelta d’amare.
Così, nell’adesione al loro personale progetto d’amore che li ha spinti ad essere sposi e famiglia, si manifesta la loro quotidiana vita missionaria.
La loro paternità e maternità infatti non può rimanere mai solo nella bellezza degli inizi, ma giorno dopo giorno è chiamata a vivere la missione del “camminare”, del “crescere”, per lasciare che loro stessi e i figli possano “aprirsi sempre più” alla loro vocazione.
A questa scuola d’amore quotidiano, fatto di gioie, fatiche, ansie e scelte a volte irrinunciabili, anche i figli impareranno ben presto il valore della loro vita come missione. Essa li porterà anche ad uscire dalla stessa famiglia, non per abbandono, ma per dare il proprio volto alla loro vocazione di credenti.
Mi sembra anzi di poter proprio dire che, grazie anche a dei “distacchi” necessari dalla famiglia, s’impara, come figli, a dare continuità e personalità all’amore che abbiamo ricevuto.
Il vivere in “missione” è quindi la necessaria manifestazione dell’amare vissuto quotidianamente.
Così ogni madre e ogni padre impara a farsi “discepolo missionario” per il “cammino sia di coppia che dei suoi figli” per educarsi ed educare alle scelte d’amore da cui è nata la loro missione di sposi.
Sappiamo bene che il quotidiano non è mai ripetitività, ma sempre un’esperienza che ci porta oltre quello che ieri avevamo vissuto.
Tutto questo la vita familiare lo esprime e lo insegna proprio nel suo dinamismo missionario che diventa patrimonio di vita dei figli nelle loro specifiche vocazioni. Coloro che credono hanno la certezza che il loro “camminare insieme” è partecipazione e testimonianza dell’amore stesso di Dio per se stessi e per il mondo.
La vocazione dei “figli” si nutre così dai primi istanti di vita della missione d’amore che gli sposi hanno accolto e che continueranno a vivere diventando sempre più famiglia che si esprime come missionaria. Credo così di poter tranquillamente affermare che ogni “missione” è sinonimo dell’amore sponsale perché la sua concretezza sta nell’aprirsi all’altro per vivere “cammini di comunione” in particolare “con i più piccoli e con i più poveri”.
Tutti ricordiamo a memoria le parole di Gesù che, di fronte ad una domanda dei suoi discepoli sul futuro di chi accoglierà la missione per amore, rispose allargando lo “spazio” della comunione con la famosa testimonianza: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.”
“Riceverà cento volte tanto”.
Desiderare di essere missionari non è più allora l’avventura di qualche “iniziato”, ma la normale scelta di ogni credente.
E’ importante che la missione, come Gesù l’ha donata, anche attraverso la famiglia, rimanga sempre la prospettiva base su cui costruiamo la nostra vita.
Per questo non possiamo mai sentirci arrivati, anzi, ogni giorno ci troverà, pur negli “acciacchi” della vita, disponibili a “camminare” perché l’amore al prossimo è, nell’amore di Dio donato ad ogni persona, il DNA della vita.
Il cristiano sa che la missione non è una tra le tante scelte possibili della vita, ma è il “carburante” della quotidianità per la sua stessa vita di credente.
E’ bello sapere, che per grazia divina, il vivere come “missionari nel quotidiano” non avrà mai limiti d’età, ma ad ogni età l’amore di Dio farà della nostra vita un cammino di accoglienza piena del Vangelo vissuto come “pane quotidiano”. L’importante è non fermarci mai solo a noi stessi, ma lasciarci sempre spingere dal dono personale della grazia divina.
E’ questa la vera parabola della vita che Dio ha messo in ciascuna persona e che il credente manifesta vivendo i due fondamentali comandamenti della sua fede: “ama Dio e ama il prossimo come Lui ama te”.
Per questo il discepolo di Gesù si percepisce “sempre in cammino” e mai come “finito” o in “pensione”. Dentro ogni stadio della sua vita sarà consapevole, per la fede che pone nel Padre, di poter vivere la sua missione d’amore fino a sfociare nella gioia eterna del Paradiso e Dio sarà, come dice san Paolo, tutto in tutti(1a Cor.15,28).