Data Funerale: 30/dicembre/2019 – Ore: 15:00 – preceduta dalla recita del Santo Rosario alle ore 14:30 Luogo: Chiesa Parrocchiale – Bodio Lomnago
“Questo è un Natale triste!”. L’espressione di un abitante di Cazzago Brabbia racchiude il dolore palpabile anche della comunità di Bodio Lomnago. Quei visitatori che arrivano a piedi lungo il sentiero della casa del Pizzo, dove abitava Daniele Bossi, hanno la testa china, non hanno voglia di parlare. “Non ci sono parole per commentare questa tragedia”, afferma la sindaca Eleonora Paolelli, che conosce bene la famiglia e che è giunta subito in visita alla mattina con il vicario pastorale della Comunità, don Carlo Colombo. “La famiglia Bossi, assieme a quella degli altri pescatori, è l’anima della festa del pesce in carpione- spiega il sindaco di Cazzago, Emilio Magni, arrivato appena saputa la notizia- Il pesce pescato dal Daniele era cucinato e pulito dalla mamma Rita. Ce ne regalava una bella marmitta. A Cazzago Daniele era di casa nella sede della Cooperativa pescatori”. Per la prima volta, dopo la morte di un pescatore la sua bandiera, ricamata preziosamente e raffigurante un santo a cui i pescatori chiedevano la protezione, augurandosi una pesca altrettanto miracolosa, non uscirà dalla sede: troppo delicata, deve essere conservata nella sua teca. Secondo l’usanza, veniva sventolata tre volte prima che la salma fosse inumata. “Una perdita simile non può non segnarci -afferma il presidente della Cooperativa Gianfranco Zanetti, appena rientrato dal lago dopo essere andato a recuperare il barchetto di Daniele alla Schiranna assieme a Luigi e Gianluigi Giorgetti e averlo riportato al Pizzo- Noi pescatori siamo di pelle dura, non stiamo ad ascoltare i vari dolori fisici. Ma di fronte a questi eventi siamo di una sensibilità pazzesca. Quello che è capitato a Daniele, può capitare ad ognuno di noi: siamo sempre allo sbaraglio. Pensiamo di rientrare tutte le volte, ma può capitare un imprevisto. Noi non lavoriamo sulla sabbia, ma sull’acqua. Siamo rimasti in tre ora come soci (ndr.il “Negus”, Luigi Giorgetti ed Ernesto Giorgetti) e lui era il più giovane”. Già nell’agosto 2000 il pescatore Tarcisio Maroni (78 anni) di Calcinate era morto improvvisamente mentre si chinava sulle reti. Era stato ritrovato dall’amico, pescatore professionista, Angelo Nicolini, con il quale da anni era solito gettare le reti la sera e ritirarle alle due del mattino. La bicicletta era sulla riva del lago, le reti sulla barca, ma il Tercisio era addormentato per sempre, come desiderava.
Federica Lucchini
“Pur nel grande dolore, la cosa bella è che mio fratello Daniele è morto sul suo lago. I pescatori devono morire così”. Mariangela Bossi, sorella del pescatore professionista che ha perso la vita in acqua lunedì scorso al largo della Schiranna, scandisce a chiare lettere questo pensiero, mentre risponde al telefono che squilla in continuazione e accoglie i tanti amici, accorsi a dimostrare la loro vicinanza alla famiglia. La cronaca del giorno dopo l’incidente mortale del più giovane dei componenti della Cooperativa Pescatori (53 anni), nella sua casa del Pizzo di Bodio, sul confine tra Cazzago e Bodio, immersa nella natura, è all’insegna di un dolore silenzioso, vissuto con grande dignità. La gente di lago è forte. Fuori, nel cortile, ad accogliere i visitatori, il padre Carlo, il “Carlin dul Pizz”, una vita sulle acque, come gli antenati, il fratello Vittorio, ammutolito e con gli occhi rossi. Nella cucina, seduta accanto al camino acceso, la mamma Rita, “vestale” di questo luogo inscritto nella storia del lago. Tutti si dirigono verso di lei. Ha una sacralità l’incontro con ognuno dei presenti, una familiarità lunga una vita: gli anziani si siedono di fronte a lei ed è lei che dà loro forza. Non una lacrima. Basta uno sguardo per capirsi. Passano davanti a lei tutte le figure più significative del lago. Il linguaggio tra loro è fatto di silenzi e di accettazione. “Io che dicevo sempre che per i miei figli avevo più paura di un incidente sulla strada che sul lago!”, sottolinea. Quel figlio così amato, così silenzioso, era partito di casa verso le 13 di lunedì, “tutto ben equipaggiato, con gli stivali. Aveva mal di schiena per un’ernia. Qualche giorno fa, era rimasto a letto, “ma el diseva mai nagott”, ribadisce. Pochi giorni fa aveva detto una frase che ha avuto il valore della premonizione, in un momento che faceva fatica a sollevare le reti: “Se dovessi cascare in acqua, non riuscirei a risalire”, tanto era il male. “Ma aveva promesso il pesce a un cliente e non se la sentiva di mancare ad un’attesa”, spiega il sindaco Eleonora Paolelli. “E’ stato attorno alle 17,30 che è cominciata la preoccupazione -racconta mamma Rita- Alle 19 ancora niente. Non era mai successo! E’ morto per ipotermia, l’acqua era gelata. Hanno trovato la barca capovolta e il suo braccio era aggrappato”. “Lo avevo visto al mattino alla casetta (ndr. sede della Cooperativa Pescatori a Cazzago) -spiega il Negus, Luigi Giorgetti, altrp pescatore- e mi aveva detto che avrebbe fatto una tesa per prendere qualche boccalone. Sarebbe andato a “tremacc” (tremaglio) come diciamo noi: vicino alle cannette si mette la rete e si comincia a battere con il remo lungo per fare andare nella rete il pesce. La rete si è impigliata?”, si chiede. Non si è comunque sentito male, perché non avrebbe tentato di risalire. Purtroppo nei nostri barchetti non ci sono appigli”. Quella frase che aveva detto, si è rivelata profetica.
Federica Lucchini