“Cusa te fe chi?”. Quel “che cosa fai qui?” è l’espressione che Luigi Giorgetti, 83 anni, conosciuto come il Negus, uno dei quattro pescatori professionisti del lago di Varese, ricorda con il suo bel sorriso quando il 1° ottobre 1946 vide entrare il classe il nuovo maestro: era proprio un maestro inaspettato, cioé quel Luigi Stadera, che sarebbe divenuto il cantore del lago per le sue fondamentali ricerche, morto pochi giorni fa novantenne. Lo stupore stava nel fatto che si frequentavano da sempre, considerata la poca differenza di età, e la loro conoscenza era basata su quella solida rete di relazioni che tiene unita una comunità che vive di pesca. Così, quell’arrivo in una pluriclasse (era il primo anno in cui a Cazzago era stata istituita la quinta elementare, che fu unita alla terza e quarta classe) venne accolto con sorpresa: una persona così familiare che assumeva il ruolo di insegnante alla sua prima esperienza, in anni in cui la sua figura come autorità era preceduta solo da quella del sindaco, del dottore e del prete, per un momento aveva sbilanciato le attese degli alunni, che si sarebbero aspettati un maestro sconosciuto, e quindi nello loro ottica più autorevole. Poi il sorriso del Negus introduce a quella memoria costituita dalla gioia dei ragazzi di avere di fronte una guida che era brava, spiegava le lezioni, ora in dialetto, la loro lingua, ora in italiano, con attenzione e capacità e sapeva giocare con loro con la naturalezza e l’intesa di sempre. I suoi occhi diventano arguti quando cita un episodio: “C’era un ragazzo molto vivace, ribelle. Un giorno si alzò dal banco -erano banchi di legno a due posti- e scappò dalla finestra. Fu facile per lui, perché la nostra aula era situata al pianterreno dell’attuale palazzo del municipio. Quando lo Stadera se ne accorse, fu rapido come un fulmine. Lo vedo ancora nei ricordi scavalcare la finestra con l’agilità che tutti conoscevamo. Corse in strada, mentre noi assistevamo alla scena incoraggiando chi l’uno chi l’altro. Stava diventando il gioco che noi, anche con il maestro, facevamo lungo le vie. Lui lo acciuffò e lo trascinò in aula, tra la nostre esclamazioni di derisione nei confronti del compagno. Ma non sapeva che allo Stadera non ce la si poteva fare?. “Carlo, fai il bravo!”, gli disse con quella pazienza che aveva verso gli alunni più fragili”. Le strade dello Stadera e dell’alunno di divisero: il primo continuò a insegnare in paese (anche l’attuale sindaco, Emilio Magni fu suo alunno, come l’attrice e scrittrice Betty Colombo, solo per citarne alcuni), poi divenne direttore didattico (la figura che oggi viene chiamata dirigente scolastico) a Gallarate, dove è ricordato per il suo operato innovativo; l’altro divenne pescatore. Ma entrambi vissero il declino della pesca sul lago, a braccetto, insieme al paese. Non più come maestro e allievo, ma con quel dolore profondo vissuto di fronte ad un’ingiustizia. Allora lo Stadera si mise all’opera in un’altra veste: per vent’anni scrisse di memorie e di cultura, affidandosi all’oralità e alla ricerca profondita perché l’anima del lago continuasse ad esistere anche dopo di lui. “L’ultima volta che l’ho visto -conclude il Negus- è stato l’anno scorso. Ha sempre amato pescare da matti. Anche con un pezzetto di canna. E mi disse: “Te se regordet quanti pess ciapavum su la punta del Pizz?” (Ti ricordi quanti pesci pescavamo sulla punta del Pizzo, località di Bodio Lomnago?).
Federica Lucchini
Cazzago Brabbia – Nella chiesa parrocchiale di San Carlo le esequie di Luigi Stadera