Fu una esperienza straordinaria che decretò la ferma volontà dei varesini di dare origine all’ente Parco del Campo dei Fiori, grazie a un gruppo di giovani entusiasti che nei primi anni Ottanta del secolo scorso operavano sotto l’egida del professore Salvatore Furia. Era lui che aveva creato la Consulta delle Associazioni Naturalistiche Varesine, formata dalla sezione varesina della Lipu, dagli Amici della Terra, il cui presidente era l’attuale, Arturo Bortoluzzi, dal WWF (rappresentato da Giorgio Di Fede che morì giovanissimo) e da Italia Nostra, presieduto da Luciana Bortoluzzi. Assieme al Centro Geofisico Varesino, presieduto dallo stesso Furia, rappresentò una forza che bene interpretava lo spirito dell’epoca nell’essere vicini alla natura. Loro ne divennero gli alfieri. Mentre si moltiplicavano le riviste attorno al tema, innumerevoli erano le riunioni aperte alla popolazione. “La gente veniva a trovarci in sede -ricorda il giornalista Mario Chiodetti, fondatore assieme a Ferdinando Giaquinto, a Franco Ballerio, Renato Tomasini, Luca Fumagalli della sezione Lipu varesina- perché voleva sapere i nostri programmi e iscriversi alle nostre associazioni. Era un periodo fecondo. Nella torre civica di piazza Monte Grappa, la sede nominale del Centro Geofisico Prealpino, salivano per arrivare in cima dove si trovava questo spazio, nemmeno tanto ampio, ma di un grande valore simbolico: era il cuore pulsante naturalista di Varese. Lì, il grande seminatore che fu il professore aveva radunato le nostre sedi. Grazie alla presenza di un obiettore di coscienza, la porta era sempre aperta”. Furia rappresentò il “trait d’union” tra loro, giovani operosi e capaci, stimolati da lui stesso con il suo esempio e la sua preparazione, e la politica. Fu un grande mediatore. Quindi, quando arrivarono in Regione, le mille firme che i varesini avevano apposto sulla petizione a favore dell’istituzione dell’ente Campo dei Fiori “ci stettero proprio a sentire”, riprende Chiodetti. Fu un giorno mitico quel sabato del 1983 quando sotto l’Arco Mera, attorno a un tavolino pieghevole che aveva portato da casa, si formò una fila lunghissima di persone in attesa. Questo era il risultato di una campagna organizzata con intelligenza, in sintonia con le aspettative del momento: innumerevoli incontri, un volantinaggio capillare. I risultati, a mano a mano che la fila si allungava, venivano comunicati a Massimo Lodi, redattore capo del nostro quotidiano. “Sono settecento, ottocento”, ricorda con entusiasmo Chiodetti. “Noi giovani virgulti –interviene Giaquinto- grazie a questo padre nobile che ci prese per mano, trovammo gli strumenti per agire. E tra i tentativi di preservare la naturalità della nostra Provincia, riuscimmo a realizzare forme di tutela, come per la palude Brabbia”. “E’ significativo ricordare l’esperimento pilota, andato oltre le aspettative degli organizzatori, creato dall’assessorato all’Ecologia del Comune di Vedano Olona in collaborazione con la Lipu nell’autunno del 1983, consistente nella prime gite naturalistiche che si tennero alla pineta di Tradate, al Campo dei Fiori e all’oasi WWF di Albate Bassone (Co)”, spiega Renato Tomasini. Un altro segno della vitalità del periodo, che aprì una tradizione.
Federica Lucchini