“Se ci fermassimo per un attimo a guardare una mamma che spinge una carrozzina in mezzo al traffico di un paese o di una città, se pensassimo di più all’avvenire dei nostri figli, se amassimo veramente quei giovani ai quali ci appelliamo a ogni inizio di anno scolastico come arbitri del nostro futuro, metteremmo da parte ogni idea di profitto, per fare posto al buon senso e la politica diventerebbe la vera, grande occasione per riunire talenti e volontà”.
“E’ molto difficile pensare di risolvere i problemi se non si svilupperà un’azione larga e collaborativa che coinvolga il cuore europeo della ricerca. Per combattere il tumore, ad esempio, occorre agire contemporaneamente sul fronte della ricerca scientifica e su quello della qualità della vita. E’ difficile evitare le leucemie se non si elimineranno le cause che le producono, come la radioattività, il benzene e l’elettromagnetismo. Si compiono campagne mirate contro il fumo delle sigarette e siamo condannati a respirare regolarmente quello delle auto. Di uranio abbiamo sentito parlare in occasione del disastro di Chernobyl, nel 1986, mentre la pericolosità dell’amianto abbiamo cominciato a scoprirla, in tutta la sua drammaticità, da poco tempo, grazie a una campagna investigativa mirata ed attenta. Gli scienziati di tutto il mondo avevano annunciato che la radioattività di Chernobyl avrebbe incrementato i linfomi e le leucemie, mentre l’uso militare dell’uranio impoverito avrebbe fatto il resto. Se vogliamo combattere le malattie tumorali e le malattie dell’apparato respiratorio, se vogliamo veramente lottare per un ambiente umano, bisogna che l’uomo muti radicalmente stili e comportamenti, restituendo alla natura la sua dignità”.
“Uno dei principali problemi della società moderna è quello di non saper coniugare civiltà e progresso, scienza e umanità, sentimento e razionalità. L’uomo tende a potenziare l’idea di progresso, sviluppa le sue invenzioni, senza porsi il problema della compatibilità, cioè se esista un giusto rapporto tra i bisogni morali, intellettuali e materiali. Diventa sempre più difficile costruire senza distruggere, rimanere all’interno di un equilibrio naturale che giustifichi atti e volontà. Le leggi sono un vincolo se si appoggiano alla coscienza dei problemi, altrimenti rimangono proposizioni scritte”.
“C’è sempre stato un vincolo esistenziale tra ambiente e salute, vincolo che è andato deteriorandosi con l’avvento di una industrializzazione selvaggia, poco attenta alla qualità della vita e alla condizione morale e materiale del cittadino lavoratore. Le ferree leggi del profitto, la mancanza di piani regolatori adeguati, le secolari carenze legislative, la progressiva decadenza di una cultura urbanistica non sempre fondata sul rispetto dell’ambiente e della storia, la cementificazione irrazionale e aggressiva, il triste fenomeno della speculazione edilizia, la mancanza di considerazione nei confronti dell’ambiente, la corsa a un consumismo eccessivo, la corruzione e le mafie hanno determinato situazioni di grave rischio per il cittadino e per l’ambiente stesso, situazioni che si perpetuano aggravando sistematicamente il livello della qualità della vita delle persone. Un calo generale dell’impianto educativo e una cultura media di scarso peso operativo e generativo hanno favorito una proliferazione disarticolata e squilibrata delle risorse”.
“Gli autoveicoli producono ossido di carbonio, idrocarburi incombusti, piombo, ossidi di azoto, anidride solforosa. Le industrie emettono anidride solforosa, acido solfidrico, cloro, ammoniaca, fenoli, fluoro, acido cloridrico, acido cianidrico, acido nitrico, vapori di solventi organici. Gl’impianti di riscaldamento producono anidride solforosa, ossido di carbonio, ossidi di azoto, idrocarburi, gas scuri e carichi di pulviscolo incombusto. Per non parlare degli effetti prolungati nel tempo della centrale di Chernobyl, della diossina dei termo distruttori, dei percolati delle discariche e di alcuni impianti di compostaggio. Quali le conseguenze? Tumori, bronchiti croniche, enfisemi polmonari, tumori polmonari, irritazioni agli occhi, avvelenamenti, asma bronchiale, odori sgradevoli, scarsa visibilità, diminuzione del turismo, deterioramento delle opere d’arte, invecchiamento precoce degli alberi e altri danni all’uomo, agli animali e alla vegetazione. Basta viaggiare per scoprire scempi terribili. Non è facile cancellare il biossido di zolfo ( 130 milioni di tonnellate l’anno) emesso dalle centrali termoelettriche e da tutti gl’impianti industriali che bruciano carbone e petrolio, principale colpevole delle piogge acide. Non è facile far scomparire il biossido di carbonio, prodotto bruciando le foreste, carbone, petrolio e metano. Si dice che ogni anno vengano immesse nell’atmosfera oltre cinque miliardi di tonnellate di anidride carbonica, causa principale dell’effetto serra e poi abbiamo i clorofluorocarburi, che sono i principali responsabili dei buchi nell’ozono, l’elettromagnetismo delle antenne disseminate un po’ dappertutto. La politica ha una grossa responsabilità, quella di fare in modo che le leggi vengano fatte rispettare, che i responsabili accertati di prevaricazioni ambientali paghino le loro trasgressioni. E’ soprattutto importante che si costituiscano comitati di controllo con poteri reali nei confronti della speculazione, ma è altrettanto importante che le istituzioni pubbliche aiutino il cittadino nelle sue lecite e corrette aspirazioni a vivere in un ambiente sano e protetto. E’ tempo che il sistema produttivo cerchi nuove vie, che l’uomo si assuma le proprie responsabilità, dimostrando che la democrazia è conquista quotidiana e che nulla mai deve essere dato per scontato”.
“Parlare di ambiente significa vivere la materia come atto d’amore, atto che presuppone un forte contenuto educativo. Oggi assistiamo alla mondializzazione del fenomeno e al tentativo di formare una coscienza universale. Ci sono stati che non accettano l’impegno collettivo e si rifugiano nella loro nicchia, evitando l’universalità di un problema che investe i sistemi politici, economici e sociali del pianeta. Manca, in alcuni casi, una morale politica comune, nella quale l’uomo riconosca i propri limiti, la necessità di stabilire un dialogo serio con l’ambiente nel quale vive la propria esistenza. Per molti anni si è confuso il progresso con la civiltà. La faziosità dottrinale ha prevalso sulla propositività politica, limitando di fatto la democrazia delle idee, il libero confronto, l’aspirazione costruttiva di cittadini e istituzioni. Si è pensato al pianeta come a una proprietà, con l’esplicitazione di forme di assolutismo territoriale. Imperialismi e dittature, colonizzazioni e istituzioni oligarchiche, hanno costruito orizzonti settoriali, parziali, compatibilità clonate da vocazioni finalizzate al raggiungimento di un ordine egoistico e individuale. E’ mancato soprattutto un ordine”
COSI’ SCRIVE, B. COMMONER
“In natura tutto ciò che accade, tutto ciò che si trasforma avviene secondo un andamento a cerchio, un “cerchio che sempre si chiude”; in natura tutto ciò che è eliminato da un organismo, come rifiuto, viene utilizzato dall’ambiente o da altri organismi. Invece, nella vita di oggi, questo cerchio non si chiude più; la produzione di rifiuti ha ritmi troppo veloci, e le scorie inquinano il mondo, tutto ciò che ci circonda. E’ una questione di quantità. Estraiamo il petrolio, lo raffiniamo e lo distilliamo in benzina e gasolio, bruciamo i due nuovi prodotti, produciamo fumi che si espandono nel cielo; questo processo provoca inquinamento, ma è un inquinamento che, in proporzioni ridotte, viene neutralizzato, scomposto dall’ossigeno, dall’atmosfera, dall’acqua. Ma se la quantità di scarti è troppo grande, allora resta la scoria non più eliminabile. Siamo abituati a pensare che sulla nostra piccola Terra abbia un senso il “buttar via”; in realtà noi non buttiamo via mai nulla. Possiamo spostare i rifiuti più in là, fuori della nostra vista e del nostro contatto diretto. E’ ormai indispensabile impegnarsi per ricostruire il cerchio che abbiamo rotto. E non valgono le spiegazioni che a volte si danno. Si dice ad esempio che è inevitabile l’inquinamento, perché l’uomo è un “animale sporco”, un animale che al contrario di tutti gli altri, tende a “ sporcare il suo nido”. Questa spiegazione è errata. Ancora oggi, in zone in cui non vi è una massiccia industrializzazione, non vi sono tracce d’inquinamento, pur con la presenza dell’uomo. Sino a che l’uomo viveva con ritmi naturali l’ambiente non si degradava. Tutto faceva parte di un ciclo, ora spezzato, dopo milioni, miliardi di anni di equilibrio”
“L’ambiente è il nostro giardino, lo specchio del nostro carattere, del nostro profilo umano e culturale, la volontà che contraddistingue la nostra capacità. Oggi più che mai l’Unione europea deve dimostrare non solo la sua capacità di risposta politica all’inquinamento, alle erosioni, ai dissesti che si verificano un po’ da tutte le parti, ma deve proporsi come paladina di un patrimonio da tramandare ai nostri figli. Si tratta di un’eredità pesante, che mette alla prova l’ intelligenza, il carattere, la capacità di superare vecchi e nuovi antagonismi”.
“La civiltà contadina si trasforma in azienda, inseguendo la via dei cicli produttivi, dell’investimento, del consumo, del mercato e delle moderne tecnologie. La trasformazione comporta grandi cambiamenti finanziari, ma anche di metodo, di indirizzo commerciale, di normative nazionali e soprannazionali che controllino la produttività e la distribuzione. La fatica muscolare lascia il posto alle macchine. Termina così il lavoro della bottega. I nuovi criteri si riassumono in divisione del lavoro, rapidità di esecuzione, quantità, qualità, ricerca di mercato, concorrenza. Il tempo diventa un’arma vincente. Partono i primi beni di consumo popolare, la macchina, la televisione, il frigorifero, la lavastoviglie, per arrivare alle tecnologie telematiche, come i computer, e i telefonini. Cambia in modo radicale la filosofia della comunicazione. Si passa dalla dialettica ad personam al messaggio in codice e Internet apre le porte del mondo. L’informazione arriva all’istante, senza bisogno di mediatori. L’industria petrolifera condiziona il 90% della produzione mondiale. La plastica diventa regina incontrastata del mercato mondiale, la carta aumenta vertiginosamente la sua produzione. Aumentano i materiali ingombranti. All’orizzonte si profila una situazione nuova, che impone soluzioni adeguate. Crescono a dismisura le discariche a cielo aperto, quelle abusive, l’uomo non sa più come smaltire la quantità di rifiuti che l’industria accumula nelle piazze e nelle strade. Cerca soluzione temporanee, poi si rende conto che occorrono sistemi sempre più organizzati. Si affacciano i termovalorizzatori, gl’impianti di compostaggio, la raccolta differenziata, si cercano le vie più adatte per fronteggiare un fenomeno di proporzioni colossali. Nascono le prime incomprensioni, che degenerano in vere e proprie sfide frontali tra amministratori e cittadini, politici e popolazioni locali. Il problema assume proporzioni drammatiche quando si profila il referendum sulle centrali nucleari e sullo smaltimento delle scorie radioattive. La Comunità internazionale si scuote con l’esplosione del reattore della Centrale nucleare russa di Chernobyl, che libera nell’atmosfera lo Iodio 131, lo Stronzio 90, il Cesio 137, il Bario 140. Un brivido percorre l’Europa. L’informazione arriva tardi. La Russia tende a sottacere l’accaduto, ma i paesi scandinavi rilevano il fatto e informano il mondo di un pericolo che potrebbe avere conseguenze drammatiche. Si parla con insistenza delle conseguenze che le sostanze radioattive a vita lunga possono generare. La radiazione è come una fucilata che colpisce le molecole. Le radiazioni ionizzanti uccidono la cellula o la modificano creando le condizioni per l’insorgenza del cancro. Il tempo di dimezzamento dello Iodio 131 è di 8 giorni, quello del Bario 140 di quasi 13 giorni, mentre quello del Cesio 137 è di oltre 30 anni. Eppure le esperienze di Hiroshima e Nagasaki avevano insegnato le conseguenze del nefasto uso dell’atomo. Anche la letteratura prende posizione, sintetizzando nella metrica o nella prosa il proprio appello al buon senso, alla difesa dei diritti umani, all’amore per l’ambiente in tutte le sue forme. Pablo Neruda lancia un appassionante appello perché la nuova fonte di energia non venga usata contro la vita. La voce della cultura è, in molti casi, sopraffatta dalla corsa agli armamenti. Ci sono stati che riducono in miseria le proprie popolazioni, pur di costruire la bomba atomica, altri che spendono i loro soldi per mettere a punto armi di distruzione di massa. La storia non è più maestra di vita. Le guerre, le malattie, le povertà non sono servite e non servono a indirizzare l’uomo verso una cultura della solidarietà e del sostegno nei confronti dei fratelli meno fortunati. Il progresso ha creato e continua a creare molti problemi. I massimi organismi mondiali hanno perso la loro autorità e gli stati diventano sempre più insofferenti a qualsiasi tipo di sovranità. Il potere religioso in qualche caso tende a sovrapporsi a quello politico, creando le premesse di fanatismi di ogni genere. Il terrorismo fa la sua comparsa. Una parte del mondo consuma e un’altra non vive fino a sera. Fino a quando gli uomini non capiranno l’importanza di stabilire condizioni di pace e di aiuto reciproco lo sviluppo sarà soltanto una maschera per annientare le volontà, per alimentare la schiavitù morale, economica e sociale”.
“E’ importante che le democrazie avanzate creino spazi di responsabilità che coinvolgano, in prima persona, l’uomo. Non è più possibile affrontare i problemi in modo settoriale. Occorre lavorare uniti sulla base di proposte, programmazioni, progettazioni e ricerche, secondo criteri sincronici. Le regole devono valere per tutti. E’ tempo di giustizia anche in campo ambientale. Non è più possibile che una visione oligarchica e lobbistica si appropri di paesaggi e li deturpi, trasformandoli in camere a gas. Le amministrazioni territoriali, pur nella loro sovranità, devono rispondere a severe forme di controllo e di verifica, atte a garantire lo sviluppo dell’azione democratica sul territorio stesso di appartenenza. Occorre richiamare l’attenzione degli operatori sul diritto alla riappropriazione della costituzionalità politica nei confronti della licenziosità del mercato. Credo che la prevenzione sia la strada da seguire e che la libertà non possa e non debba diventare un alibi, per chi crede di poter imporre sempre e comunque la propria volontà. Libertà e democrazia sono beni che devono essere difesi contro ogni forma di prevaricazione. Abbiamo una grande responsabilità nei confronti delle nuove generazioni, le quali guardano al futuro con ottimismo e passione, con lo spirito di chi vuole trasformare la scienza e la conoscenza in generosi atti d’amore. I giovani ci osservano e ci giudicano, vogliono che alle belle parole seguano esempi concreti, scelte precise, sostenute da una volontà reale, da modelli e da esempi”.
“Come dubitare dell’attualità dei santi, dell’universalità del loro messaggio?. E’ proprio così che sant’Ignazio di Loyola e Francesco d’Assisi hanno riunito le loro forze, forze uniche e straordinarie, che hanno cambiato la faccia del mondo con il loro contenuto di risveglio umano. E’ così che papa Francesco rispolvera la storia nella sua enciclica, Laudato si’, andando al cuore del problema nel momento in cui la storia stessa sembra proporre le sue parti peggiori legate alla guerra, alla violenza, alla corruzione, a prevaricazioni di ogni ordine e grado. E’ così che da una Curia romana alle prese con un po’ di problemi spunta fuori la figura immensa di un papa ecologista che s’immerge nello spirito del mondo uscendone con una speranza che va oltre le speculazioni e gl’interessi. Se ne esce con un’ enciclica che coglie le aspirazioni universali e le converte in un’ idea di mondo e di vangelo assolutamente grandiosa, mai tentata prima. Un’idea in cui il mondo non è più solo quello uguale a noi, ma una realtà circolare nella quale ognuno riveste un compito preciso, indipendentemente dal colore della pelle o dalla lingua parlata. Francesco ha disegnato un cerchio includendo tutti, tutti impegnati nell’immenso restauro della casa comune, quella che il padre eterno ha consegnato all’uomo perché potesse goderne la straordinaria bellezza. Nello spirito del santo di Assisi, il papa argentino colloca un’immensità da restaurare, uscendo da schemi usuali di divisioni politiche, religiose, economiche e finanziarie. E’ come se, con la nuova enciclica, Francesco dicesse all’uomo: basta con gli spazi protetti, con i muri e le diversità, basta con l’idea che ci possano essere razze elette e razze bastarde. La nuova enciclica è un monito all’ indifferenza, alla negazione dei problemi, alla rassegnazione comoda, alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Si tratta di una filosofia che corre sull’onda delle aspirazioni umane, nella voglia di mettere fine a tutto ciò che è muro, distruzione, negazione e inciviltà. Nella nuova summa ambientale, Francesco delinea le motivazioni che lo hanno spinto a ridisegnare il pianeta della rinascita, partendo dalla preoccupazione per la natura, da una maggiore giustizia verso i poveri, da un maggiore impegno nella società, per ritrovare la pace interiore. Niente più steccati o pregiudizi insomma, ma avanti per uno sviluppo sostenibile, per una sempre più stretta collaborazione tra scienza e religione, in nome di una ritrovata centralità degli esseri umani e delle loro necessità”.