– Da bambino ha vissuto con la famiglia per settimane e settimane in sotterranei dai quali poteva uscire solo per brevi momenti, quando non venivano lanciati i missili; i suoi giochi erano le armi vere, i kalashnikov, che aveva imparato a maneggiare e a smontare. La violenza faceva parte della sua vita eppure è venuto a Comerio nell’ambito della rassegna “Testimoni di misericordia”, organizzata dalla Comunità Pastorale della Santissima Trinità, perché ha deciso di spendere la sua vita per costruire la pace. “Non voglio che nessuno cresca come me”, ha sottolineato Farad Bitani, ex capitano dell’esercito afgano, nato nel 1986, ora rifugiato politico, nel salone gremito dell’oratorio, chiamato dal parroco don Maurizio Cantù a parlare della sua esperienza. Il silenzio carico di ascolto ha caratterizzato la serata. Una frase, in particolare, ha colpito per la sua profondità: “Esiste un Dio che ha creato gli uomini, ed esiste un dio creato dagli uomini” a voler sottolineare la differenza tra l’Islam per il quale la misericordia è la cifra interpretativa e il fondamentalismo islamico, sinonimo di violenza; quello che lui ha vissuto sulla sua pelle sotto il dominio talebano a partire dal 1995. Un’escalation di violenze a cui era costretto ad assistere e che ha fatto sì che fosse portatore d’odio: “Volevo frustare anch’io”, diceva quando nelle piazze vedeva frustare, uccidere. Quando nel 2005 è giunto in Italia, era ancora nutrito d’odio. “Sono stati gesti anche piccolissimi che mi hanno cambiato” e ha ricordato quando, allievo all’Accademia di Modena, accettò un invito controvoglia della famiglia di un collega perché non voleva condividere la vita con un infedele. E, invece, il suo stupore di fronte al fatto che a tavola non fosse stato portato il vino per rispetto alla sua religione, e quel gesto della mamma del suo amico, tanto simile a quello della sua, nel toccargli la fronte, mentre era a letto con la febbre. “E’ stato come un punto bianco nel mio cuore nero”, afferma e gradualmente la metamorfosi è cominciata. “Mi rendevo conto, ogni volta che conoscevo una persona diversa, di scoprire me stesso. Ho capito la mia religione musulmana attraverso il dialogo con i fratelli cristiani, e poi cominciando a leggere il Corano in persiano. Mi sono reso conto che gli insegnamenti ricevuti non erano scritti nel Testo Sacro. Non ho voluto fare più parte dell’esercito perché nessuno può prendere la vita di un altro”. E’ iniziato il suo impegno nella scrittura da cui è scaturito il libro “L’ultimo lenzuolo bianco – L’inferno e il cuore dell’Afghanistan” (Guaraldi, editore) sulla sua esperienza “a contatto con i fondamentalisti che vivono nel nulla, perché la società toglie l’identità alla loro vita. L’amore di Dio viene attraverso l’altro – ha concluso tra gli applausi – Tutte le religioni vanno verso un unico Dio: quindi è basilare rispettare l’umano”.
Federica Lucchini