29 aprile
Spunti di riflessione per la settimana che, attingendo da fonti non attuali, si mostrano per la loro forza profetica.
LA PAURA DELL’ INCONTRO
L’essere umano comporta tre aspetti: siamo un cuore, una testa e una mano. Con la mano si fanno tante cose; con la testa si può capire, acquisire conoscenze e trasmetterle alla mano; poi abbiamo questo cuore, molto vulnerabile, capace d’amare, capace di impegno, capace di relazioni, capace anche di paura, capace di egoismo, capace di chiudersi nel suo piccolo mondo e di utilizzare la mano non per dare ma per prendere, di utilizzare l’intelligenza non per creare un mondo migliore, ma per prendere le cose della terra e utilizzare le persone per sé.
Questo piccolo cuore è fragile e ferito perché si ha paura. In fondo, noi tutti abbiamo paura della nostra fragilità; abbiamo paura delle nostre debolezze; abbiamo paura delle nostre incapacità, delle nostre ignoranze.
Tutti abbiamo paura delle nostre carenze di amore. Anche di questo vuoto che è all’interno di noi e che conosciamo così bene. Molte attività del nostro mondo, molta iperattività viene da una fuga dalla relazione: si ha paura di incontrare persone, si ha paura di sentirsi responsabili delle persone, di dire le proprie debolezze e di diventare dipendenti gli uni dagli altri. Immediatamente ognuno di noi può diventare come il prete o il levita che dice: «No, sono troppo occupato, non ti ascolto». Si fugge in avanti nel lavoro, nella ricerca di valori puramente materiali e poco per volta ci si indurisce. Ci si può interessare della cultura e dei libri, perché il libro è rassicurante e non risponde. La persona mette insicurezza perché non so come reagirà nei miei confronti. Un dialogo che si instaura, uno sguardo che ritrova un altro sguardo, una mano che ritrova un’altra mano, mette insicurezza. Un’altra persona umana può sempre farci sentire insicuri perché non conosciamo le sue reazioni, non sappiamo i suoi bisogni. Allora abbiamo paura di legarci; non sappiamo dove l’altro vuole portarci. Abbiamo paura di questa relazione, abbiamo paura della debolezza dell’altro;. E abbiamo paura della nostra debolezza, non vogliamo guardarla.
J. Vanier , da una conferenza del 1981