Chiara Gatti è la nuova direttrice del Museo Man di Nuoro. Storica dell’arte, critica e curatrice è nata a Luino, in provincia di Varese, è stata direttore artistico di Palazzo Verbania di Luino. Laureata alla Cattolica di Milano, ha un master in Management della cultura, Marketing e Comunicazione presso la Bocconi e un Diploma di perfezionamento in Museografia e Museologia acquisito al Politecnico di Torino. Saggista e giornalista collabora attualmente con La Repubblica e il mensile Arte di Cairo e ha contribuito all’Enciclopedia dell’Arte Treccani. Conosciuta e stimata ha curato decine di mostre in ambito nazionale e internazionale.
Varesenews
Chiara Gatti è stata direttore artistico di Palazzo Verbania di Luino
Palazzo Verbania a Luino, una storica struttura che, dopo un avveduto e fine restauro, si offre oggi ai visitatori in tutta la sua magnificenza (vedi foto). Luino, forte di un passato culturale non trascurabile – non dimentichiamo che tra l’altro ha dato i natali a Sereni e Chiara – ha deciso di effettuare un coraggioso investimento in un ambito strettamente culturale facendone un centro di primo piano e dimostrando di saper osare in un settore dove tanti dicono, ma pochissimi fanno.
Un’iniziativa che evoca la vicina Lugano che, con coraggio altrettanto rivoluzionario, qualche anno prima aveva creato uno spazio culturale di richiamo internazionale quale è tutt’oggi il Lac.
Con la ristrutturazione del palazzo, Luino ha dato così avvio ad un’attività artistico-culturale molto significativa. Abbiamo avuto occasione di assistere a mostre di alto livello quali possono considerarsi quelle di Rognoni, Boldini e la moda, Bozzola, Chagall … e a incontri con la partecipazione di ospiti altrettanto prestigiosi.
Qualcuno si era spinto addirittura ad affermare che Luino stava diventando la Lugano italiana!
Con benefici d’immagine per la città e conseguente richiamo turistico.
Poi, inspiegabile direi, quasi incredibile, abbiamo assistito ad un cambio di rotta: prima la proposta di una mostra che, all’ombra del Piccio, era sostanzialmente riservata ad artisti locali.
Tutti artisti interessanti e anche bravi – che diamine! – ma una scelta che cozzava con un percorso in atto e con le prerogative iniziali.
Una linea programmatica che non ha fatto eccezione neppure in una seconda proposta in corso in questi giorni: una mostra di opere realizzate con il LEGO che, per quanto bravo sia stato chi ha saputo assemblare i famosi mattoncini, rimane pur sempre una mostra a carattere preminentemente amatoriale.
Saranno felici i bimbi – vero, è Natale! -, ma dobbiamo prendere atto che la strada maestra sembra smarrita. Immagino che tutto sia da attribuire come al solito alla scarsezza economica, ma allora mi domando: valeva la pena spendere tre milioni di euro per la ristrutturazione di un palazzo da dedicare a mostre non significativamente qualificate?
Spero comunque sia solo una breve parentesi e che presto Palazzo Verbania possa tornare a essere quello straordinario riferimento culturale che gli esordi lasciavano supporre.
Alberto Palazzi