CHE TIPO DI RAPPORTO ESISTE TRA MONDO CATTOLICO E MONDO LAICO? COSA SI PUO’ FARE PER RICUCIRE UNO STRAPPO CHE E’ SPESSO DI NATURA IDEOLOGICA E PREGIUDIZIALE? PAPA FRANCESCO RICHIAMA LA CHIESA A ESSERE MISSIONARI, A VALORIZZARE TUTTO QUEL MONDO CHE SPESSO VIENE LASCIATO AI MARGINI, COME SE LA SUA RICCHEZZA NON AVESSE UNA FERTILE UTILITA’ SOCIALE.
Felice magnani
E’ sempre più complicato ricucire uno strappo, soprattutto se ha radici profonde nel tempo e nella storia. E’ difficile, ma non impossibile, se di mezzo c’è una chiesa che cammina accanto all’umanità prendendola per mano nei momenti difficili, quanto lo Spirito Santo torna a farsi sentire riempiendo di ritrovate aspettative quella parte di umanità che giace marginalizzata, lasciata in balia di se stessa, non valorizzata, non orientata positivamente secondo le sue reali capacità e possibilità verso un mondo nuovo, capace di stabilire connessioni utili per la formazione di una condizione che richiede il massimo di pedagogia missionaria. Leggendo gl’interventi del papa non può sfuggire al lettore attento la capacità di saper cogliere i momenti critici di una storia che in alcuni momenti perde per strada i suoi “pezzi migliori”, quelli ai quali viene consegnata la volontà di rinascita di un “corpo” che vuole mantenere intatta la sua visione, allargando lo sguardo proprio dove l’umanità si è spesso sentita trascurata, nel suo desiderio di essere presente e protagonista della storia, nel suo desiderio di essere accompagnata e orientata. La solitudine della dimenticanza è la peggior punizione possibile, non c’è condizione peggiore per un cattolico o per un laico di essere ignorato o lasciato in disparte a sopravvivere, come se la sua presenza non fosse una risorsa, come se i talenti di cui è portatore non servissero a rendere più efficace un’azione, quasi come se un certo tipo di presenza potesse mettere in crisi una consolidata associazione di un sistema cementificato da tempo. Mai come in questo momento il papa richiama tutti, in particolare gli uomini di chiesa e suggerisce di andare alla ricerca di quei carismi che giacciono sparsi qua e là, spesso abbandonati alla solitudine e che invece, se debitamente valorizzati, potrebbero aiutare a risolvere molti dei problemi che assillano la società in cui viviamo, soprattutto nella parte che riguarda la partecipazione. Papa Francesco invita a valorizzare, a considerare uomini e donne, anche del mondo laico, potenzialità preziose, capaci se ben orientate e ben guidate di diventare determinanti nella rinascita di una comunità che ha un estremo bisogno di ritrovare fiducia in se stessa. Uno dei grandi temi di oggi è la crisi che nasce da una chiesa che è molto presa dagli affari di stato, dalle strategie, dagli affari istituzionali e che in alcuni momenti non sa compiere una proficua opera di recupero di quei talenti che spesso vengono dimenticati, quasi non servissero alla rinascita di una comunità compressa da carenze profonde. Il papa conferma con estrema chiarezza come “non sia possibile essere autentici padri se non si è prima di tutto figli e fratelli”. Francesco cerca di portare la chiesa, in particolare quella un po’ distratta, a un confronto diretto con una realtà in repentina evoluzione, che si guarda attorno per capire se anche quel mondo lasciato per troppo tempo in una evidente marginalità sociale, possa entrare nella vita della comunità con quei tesori che potrebbero determinare una svolta sociale in positivo. Papa Francesco invita il mondo cattolico a guardarsi attorno, ad aprire gli occhi, a non rinchiudersi, a rimettersi in cerca, a non dare mai nulla per scontato, a valorizzare tutti, perché è dalla valorizzazione universale dei talenti che possono emergere quelli che potrebbero ricreare il senso di un cristianesimo che non teme confronti, perché sa guardare avanti senza timori, mettendosi in gioco, ritrovando la forza di un linguaggio che ha attraversato e che continua ad attraversare i tempi, portando una nota di coraggio e di speranza proprio quando tutto sembra sprofondare in una sorta di radicale pessimismo. Dunque nessuno deve sentirsi escluso, ma l’inclusione passa anche attraverso la capacità orientante di una chiesa che torna a respirare la polvere di un territorio che in alcuni casi è stato abbandonato a se stesso, una chiesa che prende per mano e che accompagna con quella geniale famigliarità che l’ha contraddistinta nella sua ascesa postbellica, quando la religione poteva contare su una concretezza educativa che aiuta la società civile nella sua formazione, nel sentirsi protagonista di una nuova rinascita.