CHE FINE HANNO FATTO I RUOLI?
Felice magnani
Lo standard educativo va mantenuto sempre a un livello costante, guai lasciarsi andare e pensare che sia già tutto a posto e sotto controllo. L’errore più grande che si possa fare è proprio quello di ritenere che sia sufficiente quello che passa il convento, senza misurarne sistematicamente la qualità. Presidi picchiati, insegnanti insultati e aggrediti, bullismo, forze dell’ordine nelle mani di pazzi scalmanati, uccisioni, rapine, tutto lascia pensare che non esistano più confini sicuri tra ordine e disordine. Quale la ragione? Forse una democrazia esagerata, disordinata, buonista all’eccesso e trascurata, ha contribuito a svilire l’importanza dei ruoli che le persone dovrebbero avere in una società civile. Cosa sono i ruoli? Espressione identitaria di una precisa scelta d’ impegno sociale e professionale. Il professore, la maestra, l’avvocato, il magistrato, il carabiniere, il poliziotto, il bancario, l’operaio, l’imprenditore, il medico, l’impiegato sono figure fondamentali per costruire una democrazia composita, equilibrata e ben armonizzata. I ruoli hanno una configurazione pubblica, molto precisa. Può trattarsi di un professionista o di un semplice spazzino, ciò che conta è chi è e che cosa rappresenta, in particolare il rispetto che merita per la sua identità. Per troppo tempo abbiamo confuso il rispetto con la liberalità, ci siamo lasciati prendere la mano, pensando che farsi dare del tu o non rispondere per le rime alla trasgressione fosse un atto di lungimirante stile educativo. Lascia andare oggi e lascia andare domani, alla fine succede sempre che c’è chi si approfitta, chi pensa che l’altro sia una sorta di essere inferiore da manipolare a proprio uso e consumo. Il clima confidenziale che si è costruito anche a scuola dopo il sessantotto, in molti casi pensando che l’insegnante fosse un amico o un fratello con il quale poter condividere impressioni e stati d’animo, ha sviluppato un sistema di cui molti insegnanti e presidi sono diventati vittime. Di solito i problemi non nascono mai per caso, hanno storie lunghe alle spalle, che si fanno strada poco alla volta per poi esplodere con grande sorpresa da parte di tutti. Quante volte sono stato chiamato da presidi o da colleghi in difficoltà? Parecchie e tutte le volte il problema era che non riuscivano a tenere o a far tenere la disciplina, neppure da parte di coloro che sulla disciplina avevano costruito la loro identità ideologica, politica e sociale. Ricordo una preside che un giorno mi prese da parte e mi disse: “ Ma lei cosa intende per disciplina?”. Io le risposi semplicemente il rispetto in tutte le sue forme. Si trattava di una preside che aveva un’idea politica della disciplina, ma che aveva completamente dimenticato le comuni regole che i nostri genitori ci avevano ampiamente insegnato. I genitori di una volta insegnavano che si doveva portare rispetto sempre, nei confronti di chiunque e ovunque. Non potevi dare del tu a nessuno, dovevi dare del lei. Se entravi in un luogo pubblico dovevi toglierti il berretto o il cappello, dovevi salutare per primo, dovevi rispettare gli insegnanti e tutte le persone che incontravi sul tuo cammino. Il livello di rispetto sociale era elevato e se fosse capitato di prendere una sberla per aver mancato di rispetto a qualcuno, non si sarebbe certamente andati a casa a sollevare ribellioni e antagonismi, a quei tempi si stava zitti, s’ imparava sulla propria pelle a evitare comportamenti sbagliati. Tra le varie categorie sociali c’era molto rispetto, ognuno aveva una propria identità e la difendeva, guai prevaricare, sopravanzare o sminuire, le regole erano regole per tutti, in particolare da parte di chi aveva il compito di dare l’esempio. Ritornare al rispetto dei ruoli è fondamentale per ricreare una società che sappia dare il giusto peso alle persone e a quello che rappresentano. Ripristinare il rispetto è fondamentale se si vuole costruire una società sicura, capace di far fronte alle difficoltà prodotte anche da cambiamenti radicali. Oggi difficilmente incontri qualcuno che sappia realmente cosa significhi vivere in democrazia, nella maggior parte dei casi la libertà è diventata un’arma con cui proteggere i propri interessi. Senti parlare spessissimo di euro, di banche, di debito pubblico, di pil, di economia, di finanza, di Europa, di Africa, di mondo, ma manca una cultura della vita. La vita, il bene più grande, è sistematicamente vessata, soprattutto da chi dovrebbe avere il compito di prenderne le difese e di rilanciare. In questi anni si è parlato spesso di come aggirarla, di quale significato darle, di venderla e di comprarla, di toglierle quella sacralità di cui era stata investita. Oggi i venditori di morte si aggirano spesso indisturbati nelle nostre vie, nei nostri parchi, nelle nostre città, nei nostri paesi, in quei luoghi in cui si è combattuto e lottato per dare all’italianità un volto pulito e sicuro. Siamo diventati spettatori inermi di chi distrugge la vita, cercando di paralizzare in modo particolare quella gioventù che, della vita, è l’avanguardia, il respiro vitale, la bandiera. Si tratta di una distruzione subdola e terribile, che viene portata avanti con il tacito consenso di chi dovrebbe avere molto ben chiaro il significato sociale e morale del senso delle responsabilità umane. L’impressione è che tutto si muova a singhiozzo e che il territorio sfugga di mano, al punto che ci sono zone e aree del nostro paese che sono letteralmente invase e dominate dalla delinquenza comune e organizzata. Ci sono vie, parchi e giardini che sono diventati una giungla e riesce sempre più difficile capire coma mai chi ha il compito di ripulire deleghi le responsabilità alla televisione o ai mezzi di comunicazione di massa. Una democrazia, se è una vera democrazia, deve saper funzionare, deve evitare che la libertà diventi lo strumento di un malessere generale, deve essere pronta a ripristinare un ordine, a dare le risposte giuste al momento giusto, deve essere accogliente e generosa con chi si comporta di conseguenza. Non basta denunciare, bisogna osare, bisogna che chi ha il compito di far rispettare le leggi lo faccia, con grande senso di responsabilità, fino in fondo. Sentir parlare di difesa della vita, quando quasi tutto concorre a destabilizzarla e a sopprimerla, quando il territorio è quasi letteralmente dominato da chi la disprezza e fa di tutto per intimorirla e sopprimerla, crea un oltraggio profondo a una storia che per la difesa della vita stessa si è spesa fino all’inverosimile, mettendo sul campo la fede e il coraggio di generazioni. E’ sulla realtà che si misura la politica, è sulla sicurezza e sulla vita che si deve costruire il futuro dei nostri figli, è sulla necessità di far rispettare le regole che la libertà si esprime e realizza la propria identità costituzionale. Non basta annunciare, bisogna fare e fare in fretta, evitando che il paese più bello del mondo diventi una discarica a cielo aperto e che il genio creativo che ci ha contraddistinto cada sotto i colpi di chi in modo subdolo serpeggia tra noi per distruggere il dono più grande che abbiamo ricevuto.