CHE COSA ABBIAMO IMPARATO?
di felice magnani
Il Covid 19 mette ha messo a nudo una fitta sequenza di problemi che una forte dose di superomismo, di egocentrismo e di egoismo avevano depositato nella polvere della memoria. Con il rafforzarsi della pandemia tutti i nodi sono giunti al pettine: impreparazione, disorganizzazione, sopravvalutazione, incapacità di saper prevedere il futuro, di saper osservare oltre gli interessi di comodo, ci siamo improvvisamente ritrovati in un sistema che fa acqua da tutte le parti. Troppo individualismo, troppo delirio da onnipotenza, troppa superficialità nella valutazione dei problemi, troppe furberie, troppo poca conoscenza della nostra storia, troppa arroganza, troppa ignoranza e così oggi ci troviamo nelle mani di chi sbraita in tv, di chi continua inesorabilmente a mettere davanti a tutto ideologie obsolete, di chi pensa ancora che la politica che aiuta i cittadini sia quella che difende il partito o il movimento, anche quando lo sfascio è davanti agli occhi di tutti e non occorre aver frequentato l’università per capire che il paese sta affondando proprio sotto gli occhi di tutti. Non occorre aver frequentato l’università per rendersi conto che mentre il paese affonda i demagoghi continuano imperterriti la corsa alla difesa del potere personale. Le persone in gamba ci sono? Eccome se ci sono, ma l’invidia, l’opportunismo, la furberia, l’attaccamento ai soldi e al potere impediscono al merito di affermarsi e così i bravi, quelli che le idee giuste le hanno e le sanno applicare sono costretti a urlare nel deserto. La desertificazione non è solo un fattore climatico, ma una condizione mentale e morale, dalla quale riesce difficile uscire senza il pericolo di rompersi le ossa. Chi ha giocato con la politica sulla pelle dei cittadini ormai è allo scoperto, non ha più niente da difendere, perché tutti sanno, tutti vedono, tutti subiscono, tutti hanno capito il gioco, tutti si sono resi conto che a governare non sono sempre i più bravi, ma nella maggior parte dei casi sono coloro che hanno imparato l’arte della perfetta sudditanza al potere. Non c’è campo o settore o spazio in cui il potere non dimostri la propria sopraffazione. Il buonismo d’occasione ha fatto proseliti, il sistema educativo è saltato ovunque e chi dovrebbe avere il compito di guidare non è più in grado di guidare neppure se stesso. L’ordine pubblico è fortemente in crisi, la giustizia lascia a desiderare, parole d’ordine come autorità, fermezza, disciplina, rispetto, senso di responsabilità, libertà sopravvivono con grande fatica e in qualche caso soccombono sotto il peso di chi ha perso di vista il vero valore di una democrazia, che non è mercimonio, non è svendita all’asta, qualcuno si sta forse dimenticando che l’esempio è il segno premonitore, è la chiave di volta di un sistema che vorrebbe tornare a essere credibile, che vorrebbe uscire una volta per tutte dalle ambiguità di una politica che pensa solo a se stessa. Troppi problemi sono scappati di mano, oggi ognuno va per la propria strada, il mondo dei poteri così ben delineato dalla nostra Costituzione è un campo di battaglia e ognuno ne rivendica un pezzo. C’è in giro una gran confusione e il cittadino è sempre più spaesato, non sa più da che parte guardare, vive con la paura addosso, ma nonostante tutto crede nel proprio lavoro, lo desidera, lo difende, ama la propria famiglia, lotta per la sua sopravvivenza, crede nelle leggi dello stato, vorrebbe che fossero più vive, più attive, più incisive, vorrebbe che a guidare fossero i migliori, quelli che hanno l’esperienza adatta per una giusta riconversione, per ridare un senso all’accoglienza, per rimettere al centro il sistema delle relazioni a tutti i livelli, per restituire ai comportamenti la loro credibilità democratica, all’autorità il suo ruolo. Una cosa è certa, abbiamo toccato il fondo, non c’è ambito o settore in cui non emergano le iniquità di un sistema che non è più in grado di sostenere l’urto di una globalizzazione terribile, abituata ormai a tutto, pur di occupare spazi di potere, pur di ritagliarsi ampi spazi di libertà personale. Si tratta di un vero e proprio scontro di civiltà e sopravvivere è diventato il problema. Forse potrebbe essere necessaria una nuova Costituzione, più ampia nel suo respiro, ma più ferma nel dettare le regole giuste per una vita comunitaria rispettosa delle leggi, forse il problema di una classe politica non riguarda solo i numeri, ma la qualità, la capacità di saper capire i problemi e risolverli nell’interesse del paese. E’ ridicolo vedere in tv che ci sono ancora persone che si scannano per una fetta di potere, che mentre il paese urla il suo affanno e il suo dolore, continuano a darsele di santa ragione, invece di mettere a punto idee comuni per riorganizzare il paese, per dimostrare che con l’intelligenza si possono rimediare anche le situazioni più assurde e difficili. La pandemia una cosa la insegna, che politica è soprattutto guardare avanti, che bisogna sempre prepararsi al peggio, che bisogna attrezzarsi, che bisogna avere una visione ampia dei problemi che possono capitare e soprattutto che i problemi, quando ci sono, bisogna risolverli, senza tergiversare, con autorità e fermezza. Ricompattare una democrazia sbriciolata non è un compito facile, soprattutto se trova l’appoggio di un virus subdolo e di gente che pur di ritagliarsi una fetta di celebrità è pronta a vendere l’anima al diavolo. Ricompattare una democrazia significa averla ben chiara, conoscere molto bene quali siano i pilastri sui quali è stata fondata e costruita, significa saperla applicare sempre con grande impegno e determinazione, alla luce di un nuovo mondo che avanza, significa dimostrare che è viva, parlante e dialogante, che ha un assoluto bisogno di tutti coloro che credono in un quotidiano esercizio di giustizia e di legalità. In questi giorni di spaesamento e di paura, il cittadino si guarda attorno alla ricerca di quei valori che sono stati la base di partenza di un sistema uscito dalla violenza della guerra, dalla crudeltà di un terrorismo che ha messo a dura prova i valori della libertà e della democrazia. Non c’è più tempo per la furbizia, è necessario rimboccarsi le maniche e unire le proprie forze, mettendo da parte rancori vecchi e nuovi, evitando l’insolenza, l’odio, la prepotenza, l’arroganza, è arrivato il tempo di una collaborazione ferma, di una convergenza da parte di tutti coloro che amano fino in fondo il proprio paese, è arrivato forse il momento di ricostruire un sistema educativo dentro il quale ogni cosa riprenda ad avere un senso, dove parole come visione, missione, onestà, rispetto, obbedienza, ascolto, non siano solo belle parole, ma punti d’appoggio fondamentali di un sistema che vuole rinascere, che vuole rafforzare la propria umanità, che vuole cancellare i vuoti di una civiltà ancorata per troppo tempo al benessere e alle comodità di un consumismo senza prospettiva. Riprendere tra le mani l’educazione e applicarla significa restituire alla socialità dei comportamenti un significato vero e profondo, che vada al di là degl’interessi mondani del momento e trovare quindi un nuovo orizzonte da definire e da costruire, per fare in modo che nella logica e nel buon senso comune ogni parola, atto o azione si rivestano di identità coscienti dei nuovi bisogni e delle nuove necessità. Nell’educazione, paura, timore ed egoismo lasciano il campo a una ricerca comune di cui tutti si sentano umanamente responsabili, perché il nuovo che avanza tra mille difficoltà trovi una sua collocazione e diventi un valido motivo di impegno nell’invenzione e nella ricostruzione di nuovi modelli educativi, più capaci di saper leggere l’animo umano, le sue difficoltà, le sue aspirazioni, la sua volontà. La pandemia ci ha insegnato molte cose, ha rimesso in quadro una società allo sbando, ci ha fatto capire che non basta guardare la punta del proprio naso, ma bisogna alzare lo sguardo e imparare a guardare lontano, a ciò che è e a ciò che potrebbe accadere, ci ha insegnato quali siano le cose che contano, a riflettere un pochino di più sui valori della condizione umana e soprattutto a riflettere sui nostri limiti, sul valore della vita e su quello della morte. Famiglia, scuola, società civile, stato, tutto è messo in discussione, la riconversione è ampia e complessa, ma un passo avanti rapido va fatto, per quel senso di responsabilità che abbiamo nei confronti di noi stessi, ma soprattutto delle nuove generazioni e del loro futuro.