C’era una volta un tempo in cui tutti si sentivano parte di una grande trasformazione educativa. La scuola, la famiglia, il mondo religioso e quello civile erano coscienti che una buona educazione avrebbe potuto ridare forza a una società capace di riprendersi dai drammi della guerra. I giovani potevano contare su una task force che prendeva via via forma nei valori laici e religiosi di un mondo adulto che ne riconosceva appieno l’importanza. Colonie estive, ospizi civili, doposcuola laici e religiosi, servizio civile, servizio militare, apprendisti lavoratori, collegi, convitti, scout, oratori organizzati, bastava guardarsi attorno e riflettere, pensare a una via d’uscita e da qualsiasi parte incontravi qualcuno disposto a prendersi cura della tua identità. Le vie risolutorie c’erano ed erano alla portata di tutti, ricchi e poveri, c’era soprattutto la voglia di evitare che i ragazzi e le ragazze potessero vivere una crescita senza senso, priva di obiettivi, di esperienze concrete, c’era un grande interesse comune che partiva dalla famiglia e arrivava alle istituzioni più consolidate. Erano altri tempi, in cui ci si alzava per lasciar sedere un vecchio, tempi in cui non ci si sarebbe mai permessi di dire parolacce o di bestemmiare o di far scoppiare petardi il giorno dei santi e quello dei morti, erano tempi in cui il rispetto era il perno attorno al quale si muoveva tutta la comunità educante. Vivevi e ti divertivi, ma dovevi stare attento, perché sapevi che le regole erano quelle e guai violarle. Poteva succedere, ma te ne pentivi quasi subito e cercavi nella tua coscienza la fonte di approvvigionamento di nuove opportunità. Un tempo i giovani non stavano in mezzo alla strada, avevano sempre una mamma o un papà a cui confidare i propri problemi e i propri disagi, un prete con cui connettersi, c’erano i filtri, risposte pronte per ogni evenienza. Poi il tempo è passato, si è cominciato con il dire che le regole non erano più regole, che la libertà doveva essere un diritto e non un dovere, che bisognava essere più comprensivi e meno rigorosi, si è cominciato con un permissivismo esagerato, grazie al quale tutto veniva concesso e risolto spesso con un: “ Vabbé, non c’è niente di male”. La scuola ha smesso di essere quella degli esami a ottobre, quella del sette in condotta, dei genitori che non mettevano in dubbio l’autorità del maestro o del professore, è diventata la scuola di una democrazia senza la certezza della pena, dove tutto o quasi diventava possibile, anche mandare a quel paese chi insegnava il rispetto. Abbiamo cominciato col dire che i ragazzi erano già sufficientemente maturi, che il servizio militare era inutile e dannoso, che bisognava trovare l’alternativa a un insegnamento troppo catechistico, abbiamo aperto le vie a un cammino senza punti di appoggio, dove poteva succedere tutto e il contrario di tutto, ci siamo lasciati condurre da varie forme di irresponsabilità, senza poter opporre il valore dell’autorità, si è dato più peso alla quantità che alla qualità, abbiamo abolito molte strutture che avevano avuto una storia importante. Così una fondamentale rete democratica è stata smontata dei suoi pezzi principali. L’educazione ha preso altre strade, ha lasciato dietro di sé un mondo carico di incertezze e di punti interrogativi, la lasciato che ragazzini preadolescenti facessero il bello e il cattivo tempo, con il beneplacito delle agenzie educative e di amministrazioni fantasma e così la società ha cominciato a vacillare, sommersa in alcuni casi da fiumi di droga. Disagio, malessere, menefreghismo, arroganza, presunzione, arbitrarietà si sono impossessati della vita comune, hanno trasformato il quieto vivere in prevaricazione, delinquenza, maleducazione e l’educazione si è resa conto che sarebbe stato molto difficile ritrovare la via, ha perso via via per strada i suoi cultori, coloro che per lei hanno sacrificato la propria vita. Lo spettacolo resta inquietante e il problema vero è che chi dovrebbe farsi carico della soluzione dei problemi vive su un altro pianeta, in attesa che il Padre Eterno ci metta una pezza.
Eccoci qua a leccarci le ferite, con ragazzi che in molti casi vagano senza meta nelle città e nei paesi combinandone di tutti i colori, con la complicità di un pianeta adulto che nel frattempo è diventato sordo, muto, incapace di leggere con la dovuta determinazione il mondo che gli sta di fronte.