“La chiesa di sant’Agostino e santa Monica è piena di noi toccati dalla morte di Lorenzo; è piena dei pensieri che ci facciamo da martedì, quando Lorenzo ha perso la vita sull’asfalto; è piena degli abbracci e dei baci che ci siamo dati nella commozione e nel dolore immenso. Ed è piena della gloria di Dio che è scesa per fare del funerale di Lorenzo una Pasqua con quella liturgia a lui tanto cara. Ora Lorenzo ci parla in Gesù”. Il parroco, don Norberto Brigatti, ha iniziato così l’omelia ieri di fronte ad una moltitudine di fedeli che la chiesa, pur grande e scelta apposta per le sue dimensioni, faticava a contenere. Lorenzo Giudici, 17 anni, studente dell’Istituto “Stein” di Gavirate, ha perso la vita sulle strada tra Casciago e Luvinate. La sua dipartita è equivalsa ad una dolore struggente e corale: “Da martedì -ha ripreso il sacerdote- forse ci vergogniamo del male, ma siamo pieni di Dio”. Parlare dei volti distrutti che hanno vissuto la cerimonia richiederebbe molto spazio. Ma c’è un volto che non può non essere descritto: quello della mamma Monica che ha irradiato coraggio e fede in ogni momento. Ben si confacevano le parole di don Norberto “Lorenzo è ora tra i santi” a quel viso che ha celebrato il distacco fisico del figlio mediante il canto. Il suo coinvolgimento è stato tale da ricordare le parole di sant’Agostino “Chi bene canta prega due volte”. Ha vissuto la cerimonia nella sua sacralità, pronta col sorriso a dare il segno della pace ai tanti che le tendevano la mano. “L’amore che Lorenzo passava agli altri lo possiamo rinnovare con un rito che suggerisco d’accordo con i genitori, Monica e Valentino -ha continuato don Norberto rivolto in particolare ai giovani- per un anno intero ogni 14 del mese, in qualunque posto siate andatevi a cercare una messa”. Ha ricordato poi l’opera in oratorio a Barasso, dove abitava Lorenzo, che si intende realizzare a suo nome, sottolineando poi l’importanza della scelta del bene, in amicizia con Lorenzo che è in Dio. C’è poi il capitolo “giovani” su cui non si può non porre l’accento. Sulla bara di Lorenzo e dopo l’offertorio c’era tutta la sua storia: le lettere dei compagni, una fotografia con loro, la maglietta del Csi, un pelouche a forma di alpaca. Come aveva detto un compagno sull’altare, prima della celebrazione della messa, Lorenzo era solito dire: “Meglio un giorno da leoni che cento da alpaca!”. Si sono susseguiti in tanti a ricordare il compagno della V^A del liceo scientifico dell’Istituto “Stein” di Gavirate, della IV A e B di Parigi che aveva frequentato, dell’oratorio della Comunità Pastorale di sant’Eusebio. Ed è emerso il Lorenzo filosofo mancato, sbadato, buffo, che sapeva fare giochi di magia con gli occhiali da sole gialli viola arancione. E il fratello che sapeva arrivare direttamente al cuore, che quando si prendeva un impegno “se lo cuciva addosso”. “Ora è diventato il filo che ci connette al mistero”, ha concluso il viceparroco don Giuseppe Cadonà.
Federica Lucchini