Il sole è tornato ormai stabile da un paio di giorni. Laghi e fiumi impetuosi nati dal nulla dopo le straordinarie piogge incessanti si stanno lentamente asciugando riportando la situazione alla normalità e rischiando di far dimenticare i problemi che hanno causato frane, smottamenti, allagamenti e disagi. Proprio per non far sì che un raggio di sole abbagli i pensieri in modo tale da scordarci il recente passato, voglio fare la mia modesta considerazione. Ho la fortuna di abitare vicino ad un bosco. Ove gli alberi la fanno da padroni, le radici assorbono l’acqua in eccesso, compattano la terra ed evitano frane. Logico, no? Allora non vi viene in mente che forse, se i danni si moltiplicano è colpa SOLO nostra? Se noi non siamo in grado di gestire il nostro territorio tagliando e sradicando piante secolari in zone impervie costruendo al loro posto caseggiati abitativi, allora forse dovremmo piangere sulle nostre scelte, non sulle calamità naturali. Ricordiamoci che le case non hanno radici. Si sgretolano, si muovono… Se noi creiamo le nostre città di asfalto e cemento impermeabile e speriamo nei pochi tombini di sfogo per evitare allagamenti è ovvio che in caso di pioggia eccezionale le nostre città diventano piscine. Forse sarebbe meglio ragionare più sulla logica che sui guadagni economici di edificazioni redditizie. Io, accanto al bosco, ho solo visto piovere alla finestra. Uscita il giorno dopo la grande pioggia, il mio bosco era solo segnato da qualche piccolo solco in più dovuto allo scorrere d’acqua presto assorbita. Tutto sapeva comunque di serenità. Gli alberi sono messi dalla natura in luoghi in cui servono per evitare disastri. Ricordiamocelo! La terra esiste per assorbire, il cemento e l’asfalto non hanno questo potere. Ricordiamo anche questo! Poi conosco gente di lago che afferma l’uscita più volte dell’acqua dagli argini. Questo è normale quando si decide di vivere accanto ai laghi. Questa gente parlando con me era serena, organizzata, aveva previsto la piena. Il problema grosso sono le frane, gli allagamenti, gli smottamenti e le strade che si spaccano perché lì non dovevano esserci. Questa è la realtà.
Immaginiamo che “l’architetto della natura” ovvero l’entità che decide il luogo ove far crescere alberi e creare fiumi e laghi, abbia un nome. In questo caso, per amor di rima, l’ho chiamato Carletto. Ecco i suoi pensieri, vedendo il nostro operato umano….
L’architett de la natüra.
Bondì a tücc, ma presenti me ciami Carlett
E de la natüra sunt l’architett
Se a vedi la tera da par lè visin a un precipizi
Al so che se al piöv la va giò
E la fa catà un bel estremizzi
Alura ga meti tri piant me amiis
Che a tegnan sü tuscoos cunt i radiis.
I piant in cuntent
G’hann mia visin ur cement
Se al piöv par tanti dì
Bevan da la tera e la fan mia patì
Hu fai propri un bell laurà… ‘na pianta de chi, ‘na pianta de là
Mo la tera la sa möv mia… brau Carlett te podat andà via
Ossignur, sa l’è sücess?
Han taià giò i piant senza dumandam ur permes!!!
Han tirà via anca i radiis
Oh, ma dispiaas, pori i me amiis!!!
E mo, sa fan…. ‘na strada chi da sota?
Fermi, pian, va che la tera la smota!
No!!! N’a ca lì no!
Se al piöv tropp la va giò!
Ma oman, però, in dua avii ur co?
Tücc ur me laurà l’è andai sprecà!
Ma parchè i oman prima de fa
sa metan mia a pensà?