“Un frammento della grande storia”: così ieri il professore Andrea Spiriti, docente di Storia dell’Arte presso l’Università dell’Insubria, ha definito la piccola chiesa carolingia di sant’Agostino, risalente all’IX secolo. Svela un passato non ancora completamente conosciuto, ma comunque di grande respiro. Il docente ha citato la basilica milanese di san Simpliciano che ha in sé particolari presenti nella chiesetta. Ha evidenziato la presenza della doppia abside, le arcatelle cieche, il materiale pseudoconchiglifero in bella evidenza sulla sommità della parete esterna, sottostante i mattoncini posti a dente di lupo. “Testimonianza dell’attività feconda dei grandi artisti dei nostri laghi”, ha spiegato. Spiriti ha voluto porre l’attenzione sulla titolazione dell’edificio (prima dedicata al culto dei Re Magi e della SS. Trinità) che denota la precocità del culto agostiniano: le spoglie del santo da Cagliari, dove erano state trasportate da Ippona per sfuggire alle invasioni dei vandali, giunsero a Pavia nel 718.
E’ ancora un interrogativo l’inizio del culto, ma comunque indice del fatto che il nome di Caravate compaia attorno al 712 nel cosiddetto diploma di Liutprando che dà notizia della donazione delle terre del circondario al monastero di san Pietro in Ciel d’Oro di Pavia a cui apparteneva la chiesetta. “Questo microcosmo -ha concluso lo studioso- va dunque letto nel macrocosmo della Storia”. Per chi desidera una visita interna trova il risultato di un lavoro di notevole interesse negli affreschi del Cristo Pantocratore, circondato dagli evangelisti con la testa dell’animale a cui la tradizione è solita associarli ed altre figure.
Federica Lucchini