C’è un luogo a Cadegliano che merita di essere vissuto nella sua dimensione signorile ed artistica. Emana in ogni suo angolo una particolarità da gustare, retaggio di una storia che ha voluto creare un sito amato all’insegna della bellezza. Quando si entra dal cancello di Villa Menotti, appartenuta alla famiglia del celebre compositore Giancarlo che vi trascorreva le estati, si ha come l’impressione di passare la soglia di un tempio, immerso nel verde e nell’eleganza dello stile liberty. A questa condizione privilegiata si aggiunge la presenza dell’attrice Silvia Priori, anima del Teatro Blu, che quest’anno in occasione dei trent’anni di fondazione propone, dopo diversi spettacoli di successo, un gran finale del “Cadegliano Festival Piccola Spoleto” con una lectio magistralis di Moni Ovadia sabato 29 giugno alle ore 21: una serata dal titolo intrigante “Riflessioni sul senso”. Sarà un’opportunità da non perdere: vivere la notte all’interno di questo giardino ha il fascino di respirare l’anima del silenzio e di ogni parola scandita con intensa partecipazione. “E’ ancora lecito interrogarsi sulle grandi questioni?”, è una delle domande che porrà l’attore, scrittore. “In che mondo vogliamo vivere? Che società vogliamo edificare? Vogliamo consegnare alle generazioni a venire un futuro? Abbiamo diritto ad un sogno? Vogliamo scegliere o sottostare a scelte di potere? Su questi temi tenterò di avviare una riflessione”, afferma. Sullo sfondo, c’è il saggio del professore Francis Fukuyama “Lo scontro delle civilizzazioni” che, sottolinea, “ci interpella sul concetto di civilizzazione e in particolare sulla nostra. Esiste ancora la civiltà occidentale e se sì come la possiamo definire oggi? Essa è vitale, declinante o addirittura in necrosi. Ma soprattutto qual è il suo senso primo?”. La disponibilità di Moni nel voler presentare il momento di sabato gli fa onore: giunge in un posto amato, ne conosce gli anfitrioni e inoltre “sono affezionato al vostro territorio”, specifica e si dilunga volentieri sulla necessità di recuperare un sapere perduto “in quanto noi siamo depositari di una sacralità a favore di un universalismo che va verso l’altro all’insegna del dono”. E per allontanarci da quella che definisce “la cloaca mediatica, in una deriva mediatica”, necessitiamo di tempi lunghi per “comprendere che cosa ci accomuna per far tornare vera la nostra comunità, non all’insegna di piccole monadi isolate. Quando un tempo i contadini piantavano un albero, non pensavano all’immediatezza della raccolta dei frutti, ma auspicavano che li avrebbero gustati i nipoti. Questo per far comprendere come il procedere dell’umanità non deve avere un orizzonte limitato”, specifica. Da ultimo ricorda l’amico, il poeta Giovanni Raboni: “Non siamo solo una comunità di viventi, ma anche di non viventi. Dentro di noi ci sono le tracce di coloro che ci hanno lasciato un segno”. Poter dialogare con un artista a livello di Moni è un regalo che ci offre, a ingresso gratuito, questo centro di sperimentazione teatrale, che proseguirà la tournée del festival internazionale di teatro nell’Insubria e nella macroregione alpina fino a novembre. D’altra parte, spiega Silvia, “ci siamo costruiti un luogo di pace e di meditazione in cui il tempo sembra avere un altro ritmo, dove c’è ancora posto per il silenzio e l’incontro non è fugace. Si è creato nel tempo un laboratorio attivo di ricerca nel quale attori, registi, drammaturghi, musicistim balletini, cantanti, scenografi e costumisti si confrontano su esperienze artistiche differenti, si scambiano linguaggi, stili, punti di vista e sguardi diversi”.
Federica Lucchini
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