I problemi non nascono mai per caso, c’è sempre qualcosa o qualcuno che li determina, per cui vanno inquadrati, vanno messi sotto la lente d’ingrandimento e vanno studiati, partendo dalle cause che li generano. Viviamo un tempo difficile, dove spesso i fenomeni esplodono creando l’impressione di una temporaneità. Il bullismo ha modificato i suoi contenuti, si è adattato, rafforzato, ha preso vie impensate, ha dimostrato tutta la sua terribile invadenza, ma non dobbiamo dimenticare che da tempo coltiva i suoi percorsi. Oggi si posiziona in una società che gli consente ampi spazi di creatività delinquenziale, sa che può esprimersi in tutta la sua vergognosa efferatezza, perché il terreno su cui opera è molto più praticabile. Si tratta di un terreno non esageratamente reattivo, spesso distratto ed estremamente conciliante, soprattutto nella parte sanzionatoria, quella che dovrebbe dare risposte chiare e immediate a ogni forma di prevaricazione e di trasgressione. La democrazia ha allentato la sua presenza, in molti casi propone spazi di libertà senza averli debitamente spiegati, fatti capire, sembra che abbia paura a incarnarsi, a diventare principio, base, regola, certezza. Lascia spesso il campo a varie forme di dibattito in cui riesce sempre più difficile stabilire che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato, chi siano i bravi e chi i cattivi, diciamo che confonde spesso le idee e così impedisce una presa d’atto chiara e consapevole.
C’era un tempo della democrazia in cui chi prevaricava sapeva esattamente quello cui andava incontro, ne era consapevole, perché si trovava di fronte una società coesa, unita, capace di dare risposte effettive. La consapevolezza di incorrere in pene molto severe sgombrava il campo a paure e incertezze di vario ordine e natura, chi lo faceva se ne assumeva le responsabilità. Dunque i varchi anarchici si aprono quando c’è la certezza che la legge sia molto conciliante, tuteli sempre e comunque, diventi garante anche quando c’è qualcuno che la calpesta e la butta alle ortiche. Democrazia non significa libertà assoluta o libertà relativa, bensì libertà cosciente, coscienza esplicativa, capacità di distinguere il bene dal male, ciò che è lecito da ciò che non lo è, significa soprattutto sapere che ciascuno, nessuno escluso, è direttamente responsabile del livello etico e giuridico della società in cui vive. Il bullismo è soprattutto prevaricazione, radicale distorsione della libertà, è il più forte che incalza il più debole per assoggettarlo, per dominarlo, per ridurlo in schiavitù, è l’espressione bestiale di una natura che non è stata educata e che è convinta di poter dettar legge, di poter fare quello che crede più opportuno. Di solito i fenomeni trasgressivi nascono e prolificano in una società disorientata, che ha perso di vista i valori che l’hanno determinata, una società che rifiuta l’ordine, che non ne comprende più l’importanza, che vede naufragare sistematicamente tutti quei valori sui quali aveva riposto la sua fiducia, il suo consenso, la sua fiducia. Alla base di un disordine diffuso c’è sempre una caduta di valori che non vengono debitamente sostituiti, che non sono più in grado di rispondere con la dovuta fermezza alle pieghe negative di un disagio incipiente. Combattere il bullismo significa in primo luogo ripristinare il primato dell’educazione su tutto il resto, dimostrare che le leggi sono uguali per tutti e che le regole vanno rispettate senza se e senza ma, che lo Stato è veramente il garante che sovrintende il rispetto della democrazia, restituendo alla famiglia e alla scuola tutte le loro competenze e le loro responsabilità. Il sistema educativo merita un posto di primo piano a tutti i livelli, perché sia veramente il faro della nostra Costituzione e quindi della nostra vita.