Un articolo pubblicato nel 2010 che riguarda un’altra epidemia, quella del colera del 1854 che ha toccato anche le nostre zone, partendo da Brenta.
Brenta 1854 Come si diffonde il colera
Come si diffuse il colera del 1854 nelle terre del lago Maggiore, possiamo leggere nel Manuale della provincia di Como del 1855, autore Alessandro Francesco Tassani, medico ufficiale della Delegazione Provinciale di Como. Il primo focolaio del colera si era manifestato a Genova nel luglio, determinando la fuga dalla città: A ben due mila si fa ascendere il numero di coloro, che spaventati dall’asiatico morbo abbandonarono la Liguria e le infette terre del Piemonte, per gettarsi in questa nostra Provincia e qui rifuggiarsi vicino ai patrj lari. […] Il muratore Gio. Battista Pedotti, d’anni 38, del comune di Brenta in Val Cuvia, distretto di Gavirate, già da parecchi mesi domiciliato in Genova per l’esercizio del suo mestiere, s’incontrò il 29 luglio in un suo compaesano e camerata, che d’improvviso viene colto dalla malattia ivi dominante, la quale nel dì antecedente aveva in poche ore mietuta la vita di altro suo compaesano ed amico. Atterrito il Pedotti da così lugubri avvenimenti, e dietro il parere datogli, quanto sembra, da un medico di quella città, che ebbe a consultare per sopraggiunte turbe intestinali, divisò di abbandonare Genova, e nel successivo dì 30 si mise in viaggio alla volta del suo luogo natio, ove giunse la sera del giorno 1 agosto. Vuolsi che nel tragitto del Lago Maggiore da Pallanza a Laveno i prodromi della malattia fossero talmente intensi da inquietare i compagni di viaggio. Il Pedotti nel seguente dì offriva tutti i sintomi del cholera asiatico, e dopo sei giorni ne rimase vittima. – Fu questo il primo caso di cholera nella provincia di Como, non preceduto in tutta la Lombardia, che da quello della giovane cantante Sofia Rösch avveratosi in Milano il 31 luglio. Altro focolaio morboso destatasi poco dopo in Brebbia, pure nel distretto di Gavirate. Binda Luigi, villico, d’anni 19, giunse in Brebbia il 10 agosto, proveniente da Arona, ove già erasi manifestato il cholera; fu colto lunghesso il breve viaggio da Angera a Brebbia e ne morì in tredicesima giornata. Brenta e Brebbia furono i primi punti, d’onde s’irradiò il fomite choleroso ad alcune terre adiacenti dello stesso distretto di Gavirate, senza oltrepassare in quel circondario la linea longitudinale del capoluogo del distretto. In Brenta, undici giorni dopo la morte del Pedotti, ossia il 18 agosto, s’ammalò il di lui padre, d’anni 63, che, non persuaso della vera indole della malattia di suo figlio, ne calzò le scarpe ed indossò il giubbetto, sconsigliatamente sottratti alle prescritte misure di spurgo: in poche ore pagò miseramente colla vita il fio della erronea sua convinzione. Nello stesso giorno un Biagio Formenti, d’anni 54, derisore d’ogni cautela sanitaria e millantatore, è colto dall’eguale malattia, onde avea veduto assalito il vecchio Pedotti, suo amico, e ne muore anch’esso in sette ore coi sintomi del cholera fulminante. – Dopo una tregua di altri undici giorni cade ammalato, il 31 agosto, Calimero Cadario Mistura, d’anni 49. Era questi creditore di una piccola somma verso il Formenti, e volendo ritirare una dichiarazione di ricevuta, si recò furtivamente al letto del choleroso, ottenne il desiderato foglio, e con esso tale un ricordo, che lo condusse in poche ore al sepolcro. Ultima ad ammalare in Brenta fu Maria Cerini, servente ed infermiera del Cadario Mistura, che colpita dal fatale morbo il dì otto settembre, ne soccombette il quindici dello stesso mese. Da Brenta erasi intanto il fomite morboso propagato al vicino comune di Cittiglio, e precisamente alle frazioni Cassina e Pianezza che sono in finitimità con quel di Brenta, e di cui gli abitanti sogliono frequentare la chiesa di Brenta. Il primo caso verificossi in Angela Piretti, d’anni 17; che fu colta con violenza dal male, nel dì 20 agosto, mentre percorreva la via che dall’alpestre Vararo adduce a Cittiglio; questa giovane era stata in contatto colla famiglia Pedotti, e credesi che fosse anche vagheggiata dal choleroso Gio. Battista Pedotti; morì in quinta giornata. Al 21 dello stesso mese cadde ammalata la di lei zia Marianna Piretti maritata Pianezza , d’anni 40, che la aveva assistita nei primordi della malattia; in 12 ore era fatta cadavere. Nel dì 29 ammalò la villica Benedetta Molinari d’anni 60, e ne guarì il 9 settembre: questa donna contrasse la malattia dopo essersi trovata assieme col suo nipote Vincenzo Turuani, che seppellì le due cholorose Piretti. Successivamente si manifestò un caso di cholera in Casalzuigno nel vetturale Visconti Pasquale, d’anni 51, proveniente da Brenta ed altri luoghi infetti, ed uno in Gemonio nel girovago commerciante Giuseppe Martinoja, d’anni 41, che aveva poco prima avvicinato il choleroso Visconti. Notizie queste che già nell’agosto 1854, in tempo dunque ‘reale’, erano state pubblicate in «Annali universali di medicina» (Serie 4, volume 13, Fascicolo 446) nell’articolo Notizie sul cholera di Lombardia, aggiunti i casi del giorno 20 in Besozzo, dove si ebbero 3 malati e dei giorni 28 e 29 con due casi rispettivamente a Bedero Valcuvia e Olginasio. La statistica assegnava – a tutto agosto − il triste primato al Distretto di Gavirate, con 15 casi, seguito dal distretto di Appiano con 5, da Tradate con 4; in quello di Luino solo un caso. Ampi i riflessi del Cholera nel settimanale «Corriere del Lario», stampato a Como dal 1850 al 1883; le corrispondenze ‘estere’ del 1854 riguardano Canton Ticino, Romagna e Napoli, Toscana e Piemonte. 6 settembre: Nella nostra Provincia abbiamo finora 31 casi, la maggior parte dei quali si verificarono nei comuni di Brenta, Cittiglio, Besozzo ed Olginasio nel distretto di Gavirate. Statistica del 18 ottobre: a Brenta 5 casi tutti letali; Cittiglio 3 casi e 2 morti: a Gemonio e Casalzuigno 2 casi letali; Besozzo 27 casi e 23 morti; Brebbia 17 casi e 12 morti. Varese ebbe solo due vittime di questo terribile morbo, certo Angelo Giudici detto Gornate, oste della Motta, e la di lui moglie che prestò l’assistenza al marito. Ciò avvenne verso la metà del mese di novembre. Dopo questi due casi Varese non ebbe a compiangere alcuna altra vittima [Varese memorie cronologiche, 1 gennaio 1847 – 30 settembre 1903 di Antonio e Luigi Maroni, a cura di G. Buzzi e C. Maggiora, Varese 2003, p. 18]. Scomparso dalle nostre terre sul finire di quel 1854 il colera serpeggiò nei mesi successivi in Toscana, nello Stato Pontificio e in alcune zone del Veneto, finché nella primavera del 1855 divampò furibondo specie in tutto il territorio veneto. Gli operai lombardi impegnati nella costruzione delle strade ferrate fuggirono precipitosamente, recando in patria i germi della malattia, seguiti dai numerosi negozianti che si erano recati in quella zona ad acquistare i bozzoli per le loro filande e dai molti militari che, rientrando dalla guerra di Crimea, attraversavano lentamente larghi tratti di paese fieramente infestati dall’indica malattia. Il morbo raggiunse Milano e la Lombardia in giugno, divenne epidemico intorno alla metà di luglio colpendo con maggiore virulenza e su diversi fronti fino a dicembre, in tutta la penisola… Il 1855 è ricordato nell’epilogo del romanzo ‘cardine’ della Scapigliatura, La Scapigliatura e il 6 febbraio di Cletto Arighi, Milano 1862: Siamo in estate del 1855; l’anno del cholera, e della guerra di Crimea… Ma del romanzo parleremo prossimamente, visto l’elogio del Lago Maggiore – anche eccessivo, addirittura imbarazzante – che vi si può leggere. [Gianni Pozzi]