Poco prima delle ore 22 di lunedì primo luglio, sulla pendici del Monte Generoso è stato trovato il corpo senza vita di Remo Compagnoni, 67 anni, pensionato, e dipendente Whirlpool, residente a Bodio Lomnago. Partito da Rovio, dopo la salita è precipitato da un’altezza di 1450 metri, per cause ancora sconosciute. Sono subito intervenuti gli agenti della polizia cantonale, della città di Mendrisio, i soccorritori del Sam e della Rega, che con l’ausilio di un elicottero sono riusciti ad individuare il corpo. La notizia è immediatamente rimbalzata tra i tanti amici. “Non riesco a capacitarmi!”: la prima espressione che usa Giulio, amico e compagno di lavoro per ben 35 anni. “Ma nessuno di noi riesce a capacitarsi”, ripete riferendosi a chi lo conosceva bene come lui. E sono tanti! Il tam tam si è immediatamente diffuso. “Perché sappiamo che nella sua vita di grande sportivo Remo era l’equivalente di prudenza, testa, cuore”. C’è molta molta commozione nelle parole degli amici. Il loro è un ritratto di un grande sportivo che praticava molti sport e in tutti riusciva a primeggiare: dal parapendio al podismo, alla bicicletta a livello amatoriale, allo sci. Ora aveva comperato il paramotore. “L’ultimo ricordo che ho di lui -riprende Giulio, che frequentava quasi quotidianamente- risale alla settimana scorsa quando è passato da casa mia in bici per salutarmi. Questo per sottolineare la nostra vicinanza che aveva il sapore di quei rapporti profondi che si instaurano tra persone che si capiscono e hanno tra loro una stima lunga una vita. Era molte volte burbero, ma bisognava saper toccare le corde giuste in lui per trovare quella persona meravigliosa che era”. Remo abitava alla Rogorella, una località di Bodio, con la moglie Katia, e due figlie di cui una medico, mentre l’altra stava laureandosi. Originario della Valtellina, si era diplomato geometra, ed ha lavorato sempre in Whirlpool, dapprima come responsabile della parte elettrica del reparto attrezzeria, poi come responsabile dell’ufficio acquisti del medesimo reparto. Era molto conosciuto in ditta e negli ambienti sportivi come organizzatore di manifestazioni, come le corse a piedi a partenza libera. “Si dimostrava molto ligio e voleva che tutto fosse perfetto -ricorda Roberto- Qualsiasi irregolarità non era ammessa”. “Sotterravamo l’ascia di guerra il venerdì sera di comune accordo -ricorda l’amico Gianni, una vita assieme- per poi riprenderla la domenica quando iniziavamo la corsa alla mattina. La parola d’ordine era: “Per oggi non facciamo la guerra”. Già, le ultime parole famose! Appena iniziata la competizione, erano tutte gomitate per superarci: io riuscivo meglio in salita, lui in discesa. Poi si andava a bere il thé, e la discussione continuava, anche durante la settimana: era il nostro modo per dimostrare un’amicizia che per entrambi era una ragione di vita”.
Federica Lucchini