“Bisogna avere mani sensibili per poter diventare orologiaio riparatore”. E muove le mani con gesti curati, pieni di grazia, facendo in modo che le dita si tocchino con levità. A pensare che i genitori di Santino Ferrario avevano scelto questo mestiere, contro la sua volontà, perché sarebbe potuto rimanere in casa, considerata la sua salute fragile. E’ arrivato a 102 anni con una mente viva e con un fisico invidiabile, consapevole di aver vissuto una vita interessante. “I primi momenti in cui ho frequentato la scuola di orologeria a Milano hanno costituito per me un sacrificio. Avrei voluto, sì, il piacere di realizzare qualcosa di meccanico, ma più visivo. Il piacere è venuto dopo, quando ho avuto come compagni ragazzi provenienti da tutta Italia, entusiasti e motivati. Molti di loro si sono fatti un nome. Allora per me quella piccola cassa che conteneva dei meccanismi così delicati e di precisione è diventata una scatola magica”. D’altro canto, c’erano mamma Carlotta e papà Francesco disponibili ad acquistare per lui tutta la strumentazione necessaria. Ed è nata la passione che ancora sa trasmettere con linguaggio tecnico e con il brillio degli occhi. Sembra che abbia davanti ancora il tornio a “pivot” per lucidare e ridurre i diametri dei perni di acciaio. “L’alloggiamento del perno -spiega come se fosse davanti ai suoi allievi della scuola tecnica del Giambellino a Milano, dipendente dal Ministero del Lavoro- è un rubino sintetico. C’era una ditta apposita sul Lago Maggiore”, spiega, mentre si scusa, quasi arrabbiato con la sua memoria, per non ricordare la località esatta. Pare che abbia davanti a sé la punzioniera con 120 punzoni -“astine forate in punta- specifica -che si infilano nella potenza”. A 18 anni avrebbe potuto andare in Svizzera a Losanna, dove dei parenti lavoravano nello stesso campo e gli avrebbero permesso di frequentare scuole specializzate, ma lui era di leva. Così, terminata la guerra, che lui ha combattuto dall’inizio alla fine, dal 1949 al 1962 si è dedicato all’insegnamento, come maestro orologiaio riparatore, provando una grande soddisfazione quando a casa gli portavano “qualcosa di capriccioso”, che nel suo linguaggio equivale a orologi ridotti molto male. La soddisfazione stava nel vederli prendere nuova vita. E’ stato poi un ufficiale congedato dalla Marina presso la Salmoiraghi, che produceva orologi industriali da pendoleria, a trasmettergli la passione per le pietre preziose. E Santino, mentre disegnava strumenti di meteorologia, frequentava quei corsi, tenuti per diletto dall’ex ufficiale, e così ha imparato ad innamorarsi delle gemme. E ha continuato poi in scuole specializzate per conoscere i minerali di carattere gemmologico. Fino ad 89 anni è stato consulente tecnico presso il Tribunale di Varese per quanto attiene i preziosi rubati, confiscati e legati al contrabbando. Nel frattempo lavorava ad Antenna 3 con Ettore Andenna: “Dovevo verificare la veridicità di una pietra, stabilirne il valore. Bisognava osservarne la dimensione, la caratura, le proporzioni, il taglio, in aggiunta al colore e alla purezza, stabiliti da valori ben determinati”. Una vita particolare la sua, un mondo di conoscenze, di ricordi, condivisi da sessant’anni con la moglie Virginia.
Federica Lucchini