Ce n’ha messo di impegno quello scalpellino che nel 1606 ha scolpito quella lapide posizionata sotto il ponte del fiume Bardello dalla parte di Gavirate a testimoniare l’edificazione dell’allora nuova costruzione che permetteva il passaggio sulle acque. La storia è tracciata dalle autorità, ma porta la firma del lavoro degli uomini semplici. Solo nel tratto iniziale del corso d’acqua, ci sono tre testimonianze particolari, per ora poco visibili, ma importanti per conoscere la vita passata in epoche diverse, grazie all’attività intelligente di coloro che lavoravano con le mani e la testa. Avrà provato senz’altro soddisfazione lo scalpellino quando sarà stata posizionata con i chiari caratteri scolpiti in latino. La lapide è ancora lì a documentare il fervore religioso e il fermento lavorativo che accompagnarono la fabbrica del Sacro Monte, cioé quel gigantesco cantiere che portò alla costruzione delle 14 cappelle. Che già prima ci fosse una comunicazione tra Bardello e Gavirate mediante il fiume è indubbio, ma evidentemente si trattava di una comunicazione non in grado di sostenere le esigenze dei tanti pellegrini che sarebbero affluiti. In quell’anno 1606 Giovanni Battista Monzio, prefetto delle strade, (così si evince dalla traduzione) ordinò che fosse approntata una comunicazione perpetua con la costruzione di un ponte e di una nuova strada per chi voleva recarsi al tempio di Maria Vergine.
Poco distante dal ponte, in zona laghetto, c’è una ghiacciaia ottocentesca, non ancora visibile al pubblico, che serviva per la conservazione del pesce. Non si può non rimanere colpiti dalla sapienza edificatoria dei muratori che hanno spaccato la pietra naturale e costruito un tetto conico in beole completato da un pennacchio (è innegabile la somiglianza con le tre ghiacciaie di Cazzago Brabbia): grazie alla sua presenza, voluta dalla famiglia Quaglia, che controllava il commercio ittico sul lago di Varese e Biandronno, si è potuto conservare fino alla prima guerra mondiale tanto pesce che sarebbe confluito nei tanti mercati.
Purtroppo, il sentiero in località “Funtanitt” è difficilmente praticabile, ma la cunetta coperta d’erba esiste ancora a ridosso del fiume. Non potrebbe essere altrimenti! Perché sotto c’è una solida costruzione che porta la data, in caratteri romani, di anno XVIII. Quindi, 1940, secondo l’epoca fascista. E’ un bello salto nel tempo alla ricerca di curiosità attorno alle rive! E’ una mano felice quella del soldato del Genio, di stanza presso la caserma “Marconi” di Gavirate, dove era alloggiata la scuola allievi ufficiali, ora abbattuta: ha inciso sul cemento fresco due militari in divisa, perfette le proporzioni, sicuro il tratto. E’ un motivo che ingentilisce una delle ultime casematte, costruite per esercitazione prima e durante il secondo conflitto mondiale. Uno stretto passaggio conduce ad una apertura. All’interno buio e umido c’è una finestrella ben squadrata verso cui veniva diretta la bocca della mitragliatrice che era rivolta verso il forte di Orino. Quaranta giorni di duro lavoro per costruirla, come esercitazione durante il cosiddetto campo dei militari. Un’altra casamatta è presenta a Gavirate in un giardino privato, costruzioni per difesa fuori dal tempo, censite a tutt’oggi come beni dello Stato.
Federica Lucchini