Quando una chiesa porta alla luce la sua storia, è un momento felice per tutta la comunità. E’ quello che sta avvenendo a Bardello, in seguito agli interventi di recupero e di restauro all’interno della parrocchiale di santo Stefano, svolti sotto l’egida della Soprintendenza dei Belle Arti e voluti dal parroco don Marco Longoni. La pagina che l’edificio di recente ha svelato è di grande interesse, considerata la bellezza dell’immagine emersa: sul lato destro dell’altare maggiore, chiusa tra due lesene, la figura di una santa, per ora di difficile identificazione, dalla folta chioma rossa con una rosa bianca in mano, risalente all’epoca rinascimentale. Potrebbe essere la Maddalena, ma le manca come attributo il vaso (d’altra parte non è possibile procedere nell’indagine per impedimenti strutturali) o, come ha ipotizzato Ilaria Bruno, storica dell’arte della Soprintendenza, santa Rosalia, il cui culto non è però diffuso nelle nostre zone. Va da sé comunque, che è un ritrovamento di pregio, realizzato a lato dell’altare, quando la chiesa era di dimensioni ridotte. Ci svela la mano esperta dell’artista e l’impegno non da poco della committenza. Le stesse condizioni si sono ritrovate nel restauro del piccolo battistero, che già nel mese di dicembre aveva portato alla luce un angioletto dipinto con grande maestria. “Le sapienti pennellate in trasparenza -aveva spiegato Gian Maria Manvati, restauratore direttore tecnico- lasciano intendere che il pittore era di buona scuola e conosceva molto bene sia l’anatomia che la prospettiva”, considerata la scenografia legata alla struttura stessa. Dopo l’avanzamento dei lavori sono emersi dipinti di grande valore artistico: la figura della Madonna con il Bambino, circondata da angeli e, nell’incavo rettangolare della volta, una schiera angelica. Figure tutte dipinte con pigmenti naturali minerali, valorizzati dalle operazioni di recupero in punta di bisturi dei restauratori. Accanto alla piccola finestra un “memento mori”. Vi si legge: “Il tutto spezza chi alla morte vivo pensa”. Dai documenti si evince che nella seconda metà del Settecento questo spazio fungeva da ossario: la presenza di un voltino in mattoni, sotto la finestra conduce a considerare la presenza di un porta e quindi il livello più basso almeno di un metro almeno del pavimento attuale. Quello che ora è il battistero, prima dell’ampliamento settecentesco della chiesa, era una cappella, posta sulla strada che conduceva a Gavirate, poi inglobata nella chiesa. L’edificio è ora chiuso al pubblico: sui ponteggi lavorano gli operatori diretti dall’architetto Massimo Brambilla, da Manvati per recuperare integralmente le cromie dell’impianto decorativo degli anni Trenta del secolo scorso nella loro equilibrata bellezza. E’ doveroso rivolgere un pensiero a chi ha permesso l’avvio di questo grande intervento con un lascito importante: il benefattore Giorgio Roncari, deceduto nel maggio 2017, a 73 anni. Intelligente e attivo, ha conosciuto la miseria, la ricchezza (fu maitre di sala in un ristorante sui Champs Elisées, dove conobbe personaggi). Poi la scelta della solitudine e della fede che l’ha condotto per volontà testamentaria a grandi lasciti, tra cui quello rivolto alla sua chiesa, che, grazie a lui e alla partecipazione di altri fedeli, sta svelando le sue bellezze.
Federica Lucchini
Benefattore