C’è un luogo a Molina di Barasso da conoscere nella sua intima bellezza: si tratta di un nucleo di case antiche dal gusto medievale, adiacente quella che era stata una delle più prestigiose fabbriche di pipe in Europa, la ditta Rossi. Per giungervi si imbocca una strada sterrata angusta e ci si trova di fronte a case ben ristrutturate in pietra a vista con annessa una piccola chiesa dominante il lago di Varese. E’ dedicata a sant’Ambrogio e ha una storia millenaria (il primo documento in cui è testimoniata la sua presenza risale al 15 aprile 1181) che merita di essere conosciuta: legata ad un ospedale dei poveri colpiti dalla lebbra e dalla peste, curati dai frati “ospitalieri” (in stretta attinenza con l’organizzazione dei Templari) era il centro di una vita intensa per la presenza di una grossa fonte, il Fontanone, il quale ancora oggi alimenta in parte l’acquedotto. E’ un momento felice quello che si vive entrando nel piccolo edificio religioso: subito fa bella mostra di sé l’affresco della Natività con la Vergine che ha la leggiadria della Primavera del Botticelli. Deve essere stato considerevole l’impegno finanziario del committente: l’anonimo artista era senz’altro esperto e capace. Ne ha dato dimostrazione nella cura dei particolari che mettono in evidenza una bella figura che congiunge le mani e ha lo sguardo dolcissimo (due colpi di pennello hanno definito gli occhi socchiusi) rivolti verso il Bimbo steso ai suoi piedi. Il viso è incorniciato in una chioma folta e riccia trattenuta da un prezioso nastro bianco, come è prezioso l’abito riccamente adornato e rifinito con pizzi bianchi ai polsini e lungo la scollatura. Un ricco manto avvolge la sua figura e un suo lembo fa da lenzuolo a Gesù. Il gioco di sguardi viene completato da quello di san Giuseppe, in secondo piano con il mento appoggiato al bastone e con una espressione meditativa. L’affresco, sormontato dal Trigramma di san Bernardino da Siena (Jesus Hominum Salvator), restaurato da Maria Pia Navire e Silvia Fugazza, grazie all’impegno finanziario del Comune e della Provincia nel 2012, è circondato dalla figura di san Michele, la cui qualità di notevole spessore è da leggere nella ricchezza di particolari della corazza, e di san Cristoforo, il restauro del quale ha portato alla luce una data: 1534. Gigantesco, sorregge Gesù Bambino, mentre attraversa le acque in cui si notano anguille, scorpioni ed altre specie ittiche non ben definite. Accanto una scritta: “Dit la BeA di Civello” che potrebbe far riferimento ad un cognome comune delle nostre terre, probabilmente quello del committente, legato al santo per motivi devozionali. Per poter ammirare l’intero ciclo pittorico che comprende altre figure, poiché la chiesetta è chiusa, si può fare riferimento al cellulare 3356540543.
Federica Lucchini