“Si tratta di farla conoscere meglio agli stessi barassesi perché abbiano la consapevolezza del valore artistico e storico di questa chiesa che, pur piccola, attira studiosi da altre parti d’Italia”. Ilaria Ossola, vicesindaco, evidenzia un nuovo percorso da intraprendere perché quel segnale indicante la chiesetta di sant’Ambrogio di Molina, lungo la strada che conduce alla stazione, non sia un enigma anche per i residenti, ma uno stimolo a imboccare quella via, sterrata e piuttosto angusta, in fondo alla quale, in mezzo ad un nucleo di case antiche di gusto medievale, adiacente a quella che era stata una delle più prestigiose fabbriche di pipe in Europa, la ditta Rossi, c’è questo edificio, dominante il lago di Varese. Già l’ambiente circostante affascina e incuriosisce. Poi c’è lei, con una storia millenaria (il primo documento della sua presenza risale al 15 aprile 1181), legata ad un ospedale dei poveri colpiti da lebbra e da peste, curati dai frati “ospitalieri”, in stretta attinenza con l’organizzazione del Templari, centro di vita intenso alimentato dalla presenza di una grossa sorgente, il Fontanone, che diede motivo anche ai benedettini di costruire il complesso monastico di Voltorre. E’ difficile dimenticare i visi meravigliati del sindaco Antonio Braida, dell’assessore delegato alla cultura Giancarlo Calcaterra, quando il 15 aprile 2011, le restauratrici di Beni Culturali Maria Pia Navire e Silvia Fugazza mostrarono loro la ricchezza di particolari che stava emergendo durante i lavori di restauro del ciclo pittorico, tra cui la data della nascita degli affreschi: 1534. E prese il via la campagna “adotta un affresco” che ha portato ai risultati che tutti oggi possono ammirare. In “primis” l’affresco rappresentante la Vergine che ha leggiadria della Primavera del Botticelli. Considerevole l’impegno finanziario del committente perché l’anonimo artista era esperto e capace: ne ha dato dimostrazione nella cura dei particolari, nel viso dolcissimo incorniciato da una chioma folta e ricca trattenuto da un prezioso nastro bianco, come è prezioso l’abito riccamente adornato e il mantello il cui lembo fa da lenzuolo a Gesù Bambino. E’ sormontato dal “Signum Christi”, il trigramma di san Bernardino da Siena J.H.S. (Jesus Hominum Salvator), la cui devozione era diffusa nelle nostre zone. Accanto, gli affreschi laterali di san Michele e san Cristoforo nella cui parte superiore è emersa la data citata. Accanto una scritta: “Dit la BeA di Civello”. “Iscrizione -suggerisce Anna Maria Ferrari, docente di Storia dell’Arte presso il Liceo Classico “Cairoli” di Varese- che comunque fa riferimento ad un cognome comune nelle nostre terre, probabilmente quello del committente, legato al santo per motivi devozionali”. Fra gli altri affreschi, spicca san Michele Arcangelo, la cui qualità notevole si può leggere nella ricchezza di particolari. Il ciclo pittorico è arricchito da altre rappresentazioni non ben identificate, quali un martire che sorregge la palma e un santo pellegrino. Sotto l’affresco che raffigura la Santa Casa di Loreto, dpo i restauri, sono apparsi angeli dipinti di un rosso vivo. Vale, dunque, la pena di visitarla e di essere orgogliosi della sua presenza sul nostro territorio. Per chi desiderasse effettuare una visita può telefonare al cellulare 3356540543.
Federica Lucchini