I giovani hanno bisogno degli adulti e gli adulti hanno bisogno dei giovani, sembra un’immagine retorica, un luogo comune eppure molti dei fatti che occupano le pagine dei giornali, della televisione, di Internet e di tutti i mezzi telematici possibili parlano con grande chiarezza di una progressiva frantumazione generazionale di cui soprattutto i giovani fanno spesso le spese. Sono davanti a tutti e sulla bocca di tutti i fatti successi in questi ultimi giorni a Manduria, ma potremmo tranquillamente estendere il fenomeno e le sue conseguenze in molte altre zone del nostro paese, dove il crack generazionale impedisce di costruire un sistema comunitario fondato sulla reciprocità e sulla solidarietà sociale, dove il diritto alla vita e il rispetto diventino primari e tutti gli altri, corollari fondamentali per costruire una società coesa, capace di farsi carico dei problemi delle persone, in particolare di quelle più fragili e più deboli, risolvendoli. Sembra incredibile, ma neppure il progresso, il miracolo digitale e tutte le grandi opere di questo mondo sono stati e sono in grado di creare un filtro generazionale attivo, operativo, utile, capace di unire e di capire, di attivare un sistema di consolidamento degli affetti e dei valori sui quali si è cercato di dare un volto al paese, dopo le immense e drammatiche devastazioni della guerra. Forse occorre chiedersi, perché? Perché c’è una gioventù che cammina senza meta? Perché invece di essere impegnata a risolvere l’impegno quotidiano a scuola, in famiglia, nelle agenzie educative, nel mondo dell’associazionismo solidale, dentro la vita stessa di un paese o di una città, non sa come vivere, cosa fare, come occupare il proprio tempo libero? Credo che mai come in questo momento ogni cittadino abbia il dovere di pensare, di riflettere, di cercare di capire quale sia la strada più vera e più giusta per tentare di formare una gioventù cosciente del valore e del significato della vita, del bene e del male, di come sia possibile donare il proprio entusiasmo e la propria energia alla costruzione di una causa giusta, nella quale ciascuno si senta rappresentato, avverta il significato e il valore dell’inclusione, della solidarietà, dell’amore, del desiderio di fare qualcosa di buono per se stesso e per gli altri. Ricompattare una realtà che con il passare del tempo si è decalcificata, fino in certi casi a sbriciolarsi, non è una cosa semplice, ma chi è educatore per vita o per scelta deve porsi il problema, deve studiare le strategie, deve attivarsi, sapendo che i giovani non sono qualcuno, ma la forza e l’energia umana, culturale, intellettuale, sociale, politica ed educativa di un paese. Parlare di educazione, in un momento storico in cui l’educazione è soggetta a una vergognosa sottovalutazione, è dovere di tutti, in particolare di chi esercita un ruolo rappresentativo. Oltraggiare, vessare, insultare, destabilizzare, prevaricare, mancare di rispetto, sono espressioni di un profondo malessere, che si alimenta di una natura umana che non ha più il coraggio di sottoporsi all’esame critico della propria coscienza, esame che pure è stato insegnato con intelligenza e determinazione da una chiesa sempre molto attenta alla crescita , civile e religiosa delle persone. Molte cose si sono perse per strada, molto di quello che è stato insegnato e fatto sembra essere diventato scomodo e inutile, in molti casi si preferisce vivere con un video davanti e con un telefonino appeso all’orecchio, si è persa la voglia di approfondire, preferendo il tutto subito alla conquista graduale e faticosa. L’incontro generazionale è fondamentale per ricostruire la fiducia in un mondo che ha una gran voglia di inclusione e di riscatto. La vita è un bene molto prezioso, ha bisogno di persone che la sappiano far conoscere e amare, agendo con la consapevolezza che la costruzione di un percorso affettivo umanamente valido richieda tempo, dedizione, partecipazione, passione, entusiasmo e condivisione. Dunque l’imperativo sociale è quello di formare giovani attivi, capaci di dare un senso al tempo e alla storia, in grado di fare delle scelte importanti, di saper distinguere il bene dal male, ciò che è lecito da ciò che non lo è. E’ il tempo in cui occorre affilare le armi e imparare a combattere, è in questi vuoti educativi che si rende necessario l’incontro tra passato, presente e futuro, che occorre riattivare il tema della riflessione critica a cui tutti sono chiamati, in particolare la famiglia, la scuola, gli oratori, il mondo dell’associazionismo e quello delle agenzie educative che operano sul territorio. La società è chiamata a dare un esempio concreto, a riempire nei limiti del possibile quei vuoti che stanno alla base di una devastante demotivazione. Tornare a dare un senso alle cose e alle persone, avvicinando i giovani all’importanza dell’impegno personale e sociale, alla bellezza di possedere un’anima, un’ intelligenza viva da coltivare, uno spazio spirituale da rafforzare, un’energia da coltivare in perfetta sintonia con quel mondo che chiede di essere conosciuto, rispettato e amato, è l’impegno fondamentale di una comunità che agisce responsabilmente nell’interesse collettivo. Quando vediamo ragazzi che girano a vuoto, che fanno del telefonino un motivo di rivincita su un mondo che non esiste, diventa fondamentale fermarsi a riflettere e chiedersi che cosa sia umanamente possibile fare, tutti insieme, perché il buon senso abbia ancora uno spazio attivo nella vita stessa delle persone e delle comunità.