La chiesa di san Pietro, gioiello architettonico ampliato nei secoli, è distinguibile da lontano per il suo campanile in pietra originario del 950-975. E’ suggestiva da qualsiasi angolazione la si ammiri. Divisa in tre navate, è ricca di affreschi. L’antico altare, forse originario con decorazione in bianco e rosso e motivi di stelle e raggi, riquadri e croci con una simbologia non ancora interpretata, permette la visione dei dipinti dell’abside con gli apostoli, san Paolo, san Giovanni Battista, mentre nel catino sono raffigurati Dio Padre, i dottori della chiesa e i simboli degli evangelisti, realizzati nel XV secolo. Anche gli ultimi restauri hanno svelato particolari in una nicchia a destra dell’ingresso, un Gesù Bambino con pera, e la figura di un donatore. Nella nicchia a sinistra dell’ingresso è visibile un crocifisso cinquecentesco, restaurato da Piero Lotti nel 2013, per volontà della comunità a completamento dell’intervento di restauro sugli affreschi interni.
Federica Lucchini
(Foto di Doride Sandri)
Ieri 8 dicembre è l’ultima data utile per poter partecipare nella sala polivalente dell’oratorio all'”asta silenziosa” dei quadri, donati da don Dino Discacciati, parroco di Gemonio dal 1969 al 1988 a favore del restauro della facciata della chiesa di san Pietro. Dietro a questo gesto c’è una bella storia che merita di essere conosciuta. Una storia di affetto e di forte legame con questo edificio ricco di storia e di arte, riconosciuto come monumento nazionale, le cui origini, secondo le ipotesi più accreditate, risalgono all’inizio del VII secolo. Gli ultimi interventi conservativi, risalenti agli anni 2008-2012, hanno riportato alla luce nella loro interezza i molti affreschi in essa contenuti valorizzando un patrimonio artistico ricco di bellezza e di fede. Perché l’edificio possa essere completamente svelato, mancano i restauri della facciata, ormai fatiscente. Non si ha modo di capire cosa esiste sotto l’intonaco. Sono necessari dei sondaggi. Grazie a questa asta, che comprende opere di Innocente Salvini, litografie di Floriano Bodini, acqueforti di Marco Costantini, dipinti di Vincenzo Morlotti e di pittori locali, e grazie a donazioni sarà possibile finanziare questi sondaggi per sottoporre il progetto di restauro alla Soprintendenza ai beni artistici e culturali. Passaggio questo essenziale per le necessarie approvazioni e partecipare ai successivi bandi al fine di ottenere finanziamenti. E questo è il fine ultimo e desiderato dalla parrocchia: la chiesa di san Pietro ci parlerebbe nella sua integrale bellezza, senza nascondere più nulla. Già, perché decenni fa aveva molto di occultato a causa della peste terminata nel 1632. Il dato dell’epidemia proviene da una annotazione dell’allora parroco, don Francesco Clivio, su registro di battesimo. Quando durante la guerra del trent’anni, nel 1636 Gemonio fu messo a ferro e a fuoco dall’esercito franco-piemontese, secondo testimonianze orali tramandate dalla famiglia Clivio, il sacerdote brendendo un grosso crocifisso di ferro, tenne a bada la soldataglia, che voleva distruggere la chiesa. Non riuscendo però a salvare l’antico archivio parrocchiale, fissò alcuni dati incidendoli alla base di due affreschi, san Pietro da Verona e santa Apollonia. Non se ne conosce la ragione: forse perché era devoto ai due santi o forse voleva fissare, in previsione dell’intonacatura a calce, poiché la chiesa era stata utilizzata come lazzaretto, la data della sua elezione a parroco: 1631. Sta di fatto che lo scialbo di calce per secoli ha tenuto nascosti molti affreschi. Ora l’intero ciclo pittorico è visibile a partire dai primi restauri iniziati nel 1960. Particolarmente venerata è Maria in trono col Bambino, dipinta a sinistra dell’arco santo a fine secolo XV, secondo A. Spiriti, e potrebbe essere opera di Galdino Campanigo.
Federica Lucchini