Appuntamento alle ghiacciaie martedì 15 settembre alle ore 18 per ricordare Luigi Stadera, uomo di scuola e di cultura, a un anno dalla sua scomparsa. Organizzato dal comune, sarà un incontro a tutto tondo sulla sua figura per ricordarlo nell’incisività della sua opera e sul valore del suo lascito, costituito dalle tante sue pubblicazioni che hanno dato un incremento di spessore allo studio della nostra terra. Un momento di gratitudine e di riconoscenza, espresso attraverso cinque relatori che coglieranno i tanti aspetti di una figura così culturalmente poliedrica. Sarà lui che parlerà attraverso la voce di Betty Colombo, attrice e sua allieva, la quale leggerà pagine del suo “Ricordi di scuola”, da lui definito “Cinque flash sui miei sessant’anni nella scuola elementare come alunno, come insegnante, come direttore didattico”: “Il mio ricordo più nitido della scuola elementare è una penna che trema, conficcata nella schiena di un alunno come l’asta di Laocconte nel fianco del cavallo di Troia (“Stetit illa tremens”, Eneide, II, 52): l’aveva infissa un altro alunno, a saldo di non quale contenzioso”, vi scrive nell’incipit. “Sto facendo testamento”, era solito dire in tutti questi anni fecondi di scrittura -ricorda la Colombo- Prima di morire ce lo ha donato, rendendoci consapevoli dellla ricchezza del nostro patrimonio, legato alla tradizione”. C’è una sua frase che voglio evidenziare quando scrisse la prefazione alla mia opera “Bosino per tutti” -afferma Rossella Orsenigo, storica, scrittrice- Il riproporre il dialetto nelle scuole “è come chiedere a una fiume di tornare alla sorgente”. Lui, che aveva il dialetto come lingua madre, sapeva che questo era un tentativo estremo: si augurava che andasse a buon fine, ma sapeva che il contesto era cambiato e non corrispondeva più a quella realtà”.
“Ricorderò i lunghi pomeriggi trascorsi a casa sua per incrementare quel ricchissimo patrimonio didattico sull’ambiente lacustre, confluito nel Centro Internazionale Insubrico “Carlo Cattaneo e Giulio Preti”, in cui il filo conduttore è costituito dalla tradizione che si sviluppa sulla linea della continuità, in contrasto con la discontinuità del presente -spiega la docente di filosofia Veronica Ponzellini- Prenderò come spunto il suo racconto “Il ramarro in cattedra”. Vi scrive Stadera: “Della tradizione si parla proprio come di un morto, del quale si dice ogni bene; cioé in modo acritico: che è come seppellirlo un’altra volta. Ma la gente chiede davvero un ritorno della tradizione e del dialetto? La stragrande maggioranza, direi di no; e allora si può studiare quel mondo scomparso come un capitolo di storia: una storia che è il principio del nostro modo di essere”. Tiziana Zanetti, studiosa della cultura immateriale del lago, porrà l’attenzione sul debito di riconoscenza con Stadera che la stimolò a percorrere la strada intrapresa, e ricorderà la sua attenzione ai nomi: “Mai avrebbe voluto scrivere un’inesattezza e allora frequenti erano i contatti con i suoi famigliari, che vivono quotidianamente il mondo della pesca”. Infine Alberto Palazzi, direttore della rivista “Menta e Rosmarino” evidenzierà l’aspetto arguto che caratterizzava Stadera, narrando alcuni episodi di grande simpatia.
Federica Lucchini