Maria Grazia Ferraris
L’opera è vasta, articolata e non facile da sondare, anche se si sono spesi su di essa fiumi di inchiostro. Il realismo di Pasolini si intreccia col mistero della poesia: Pasolini non ha mai patteggiato su modi e condizioni del suo impegno estetico, ha inventato un modo di far poesia – qui di poesia che è in caccia della prosa –, facendosi tutt’uno con le sue responsabilità di poeta, col suo impegno a favore della vita rappresentata nelle sue urgenze radicali, quelle delle plebi rurali inurbate,e proletarie: un’umanità espulsa dall’Eden e forse impazzita, ma ancora saggia per diritto di nascita se non per una cultura mai acquisita. “Le ceneri di Gramsci”: poesia di passione e in un certo senso sepolcrale in terzine neodantesche e neopascoliane. Il cimitero degli Inglesi, dove è sepolto Gramsci è un buio giardino, luogo estraneo, silenzioso e infecondo. Gramsci è un “morto disadorno” la cui carica ideologica è solo potenzialmente rivoluzionaria,non già un “forte”, ma “umile fratello”. E questa parola, per la particolare biografia di Pasolini, ha un inevitabile rintocco tragico: “…tu con le Ceneri di Gramsci ingiallisci, / e tutto ciò che fu vita ti duole come una ferita che si riapre e dà la morte”.