Ancora un altro miracolo per Deborah Iori, 44 anni, la mamma affetta da una malattia rara genetica metabolica certificata, che da cinque anni è costretta a recarsi a Dallas negli Stati Uniti ogni sei mesi presso la clinica Environmental Health Center, unico centro medico al mondo in grado di garantirle cure salvavita giornaliere e una discreta qualità di vita. Oggi (27 marzo), nonostante siano sospesi tutti i voli a causa del Covid-19, un aereo partirà da Ciampino e, facendo scalo a Malpensa intorno alle ore 9, le permetterà di raggiungere la clinica americana, accompagnata dal marito, dove è attesa per il ricovero urgente. Un volo di Stato apposito per lei. “In origine, prima della pandemia -ha spiegato con voce affaticata- avrei dovuto entrare in ospedale il 14 marzo scorso. Avevo a disposizione cure fino a quel giorno. Ho dovuto di conseguenza diminuire la terapia giornaliera, suddividendola. Ciò ha provocato un peggioramento del mio stato clinico. Faccio fatica a parlare, a deglutire, sento una stanchezza muscolare che mi impedisce di muovermi. Non ho più dosi a disposizione. La loro completa sospensione sarebbe per me fatale”. La storia pubblica di Deborah ha avuto inizio nell’aprile del 2015 con una straordinaria campagna umanitaria che le ha permesso l’inizio delle cure costose e il viaggio in America, quando la sua patologia non era ancora riconosciuta dal sistema sanitario nazionale. Prima viveva in una camera in cui potevano entrare solo il marito e la mamma, decontaminata. Pesava 35 kg. Appresa la notizia delle sue condizioni, è fiorita una miriade di iniziative che le hanno permesso di continuare a vivere. Nel settembre 2017 la sua patologia è stata inserita nel nuovo elenco delle malattie rare, grazie all’iscrizione effettuata dall’ospedale Sacco di Milano nella figura della dottoressa Maria Grazia Cislaghi e della successiva approvazione dell’assessorato regionale alla Sanità. Ciò ha significato per la famiglia il pagamento del 20% delle cure, pari a 8mila euro l’anno (che con sacrifici riesce a coprire), e non più l’intero loro costo. “Ringrazio di cuore ad uno ad uno chi ha permesso questo successo”, ha affermato ieri. Poi in una nota, scritta dal figlio Federico, poiché la fatica non le permetteva di parlare, ha spiegato che in questi due ultimi anni ha vissuto una qualità di vita discreta, considerata la buona risposta del suo organismo alle terapie. E ha voluto soprattutto ringraziare tutti quelli che hanno lavorato per lei, nonostante questa grave emergenza nazionale e mondiale a partire dall’équipe medica del servizio di immunologia dall’ospedale Politecnico di Milano, in particolare la dottoressa Barbara Vigone, il dottor Lorenzo Beretta, senza dimenticare il suo medico curante Marco Kogoj, l’ASST dipertimento cure primarie, Ast servizio di igiene che tempestivamente ha provveduto ad effettuare i tamponi per negatività Covid-19, la Regione, la Prefettura di Varese, il Consolato Generale Americano con sede a Milano nella figura dell’avvocato Alcide Nicoli e l’interprete Arianna Martin che ha tradotto tutti i documenti con urgenza, il banco BPM di Gavirate. E infine la presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero degli Esteri.
Federica Lucchini