Chi legge abitualmente la voce del papa si rende conto di quanto sia ampia la capacità del santo Padre di cogliere anche i semplici sussurri di un popolo che in molti casi non viene ascoltato, tradito da quella presunzione democratica che viene sbandierata nelle manifestazioni ufficiali, senza poi trovare applicazioni vere e concrete nella vita quotidiana. Il “fiuto”, come lo definisce il papa, è un dono, ma i doni in molti casi non fanno notizia, non vengono presi sul serio, soprattutto quando non dicono le stesse cose, quando diventano voci fuori dal coro. Per il santo padre il “fiuto” è un valore, tale quindi da dover essere tenuto in somma considerazione, anche se non appartiene alla sfera degli eletti. E’ davvero straordinario come il santo padre riconosca un ruolo professionale al “fiuto”, alla capacità di saper vedere là dove non tutti vedono oppure là dove molti non vogliono vedere per paura di perdere un primato, un’autorevolezza, un diritto di prelazione, un potere o un comando. Eppure la forza vera del cristianesimo dovrebbe essere nella rinuncia e nella sconfitta, in vista di una riconsiderazione in chiave divina di un primariato. Capita spesso che chi ha il potere abbia paura di perderlo, abbia paura che qualcuno o qualcosa possa limitarlo, trasformarlo, toglierlo o sminuirlo. Riconoscere il “fiuto” forse, non significa trasferire l’orgoglio da una persona all’altra o da un luogo all’altro, bensì prendere atto che siamo tutti in cammino con la nostra personalissima carica di cultura sociale e di spiritualità e che lo spirito è impegnato ovunque, anche là dove meno ce lo aspettiamo. Mettersi in una condizione di ascolto e di collaborazione è compito di tutti, di chi il potere lo esercita e di chi lo subisce. E’ nell’esercizio del potere e nel suo significato morale che la storia ha il dovere di cambiare, magari riconoscendo a ogni uomo una dose anche minima di profetica verità. Immaginare che non sia così, significa cementarla, impedirle di essere viva, presente, accesa, pronta a dare sempre il suo quotidiano contributo di verità. Il potere non deve rammaricarsi e fuggire, non deve abbandonare e schiacciare, ma valorizzare, fare in modo che tutto diventi occasione per creare comunità. La difficoltà maggiore è proprio quella di far capire con l’esempio che non esistono lobby o comunità precostituite o luoghi riservati o élite intellettuali, ma uomini e donne e giovani che attendono delle risposte e che ogni persona in quanto tale è portatrice di valori e di esperienze che possono cambiare il volto di un paese, di una città o di una comunità.
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