Credo che quasi nessuno abbia sentito parlare di Amilcare Roncari considerato l’eroe dei due mondi di Besozzo, personaggio singolare, difensore della liberalità che combatté nella difesa di Roma e poi nell’esercito messicano di Benito Juarez contro l’usurpatore Massimiliano d’Asburgo e tra una battaglia e l’altra fu uno dei più noti impresari lirici di quel paese.
Nato a Besozzo il 18 gennaio 1831 da una famiglia di ideali patriottici, nel ‘49, all’indomani del-la dichiarazione della Repubblica Romana accorse alla sua difesa al seguito della colonna di Giacomo Medici. A Roma, il 3 giugno, era tra quelli che respinsero i francesi a Villa Corsini in un combattimento che causò centinaia di caduti italiani tra cui Francesco Daverio, che probabilmente vide spirare, ed Enrico Dandolo. Il 22 col suo plotone, comandato dal Tenente Gorini, cadde in un’imboscata a Villa Barberini ma riuscirono a sfuggire. Quindi era a difendere il Vascello, l’ultimo baluardo dei repubblicani, che cadde il 30 giugno dopo sei giorni di battaglia co-stati ai volontari altre centinaia di morti, tra i quali Goffredo Mameli e Luciano Manara.
Dopo la disfatta risalì l’Italia con la colonna di Garibaldi del quale aveva la fiducia, sfuggendo a francesi, papalini e austriaci. Fu preso da questi ultimi quando ritornò nei suoi paesi e condannato a morte. Riuscì a scappare riparando in Svizzera e da qui raggiunse gli Stati Uniti.
Descritto come alto, capelli e barba biondi, occhi castani e dotato di bella voce da tenore, fu ingaggiato dalla Compagnia d’Opera del moravo Max Martezek, debuttando già nel novembre dello stesso ’49, all’Astor Opera House di New York e poi calcando i teatri di Philadelphia, Bal-timora, Boston ottenendo pure la nazionalità statunitense. Nel ‘52 la compagnia si spostò in Messico e nel ’54, Roncari mise in piedi una sua Compagnia Italiana d’Opera ingaggiando artisti di un certo grido fra cui spiccavano Felicita Vestvaly, contralto polacca, femminista ante litte-ram che non si preoccupava di dichiararsi lesbica; il soprano Costanza Manzini, romana, brava e bellissima che ispirò vari poeti messicani dell’epoca, Marietta Almonti, soprano francese, raffi-nata, dalla voce pura e ben impostata, e la contralto italiana Elisa Tomasi che divenne sua mo-glie e gli diede due figli: Luigi e Giulia.
Ottenne importanti scritture come quella di organizzare la stagione lirica del ’57 al Teatro Nazionale di Città del Messico, il più importante del paese, ottenendo grossi appoggi finanziari governativi. In Messico, a quell’epoca, l’opera era popolarissima e considerata primaria fonte di sensibilizzazione culturale e i governanti se ne avvalevano per i loro interessi politici facendo affluire nelle casse degli impresari montagne di pesos statali. Roncari dimostrò sempre le sue simpatie per il Partito Liberale Messicano, progressista, e così quando con un colpo di stato reazionario i militari deposero il governo liberale di Benito Juarez, primo indio a diventare presidente di uno stato americano, eroe nazionale, considerato socialista ante litteram – tra parentesi, è in suo onore che il padre di Mussolini chiamò il figlio Benito – gli venne sospeso il con-tributo governativo.
Fu obbligato a dichiarare fallimento e venne incarcerato per truffa verso gli abbonati. Fu senz’altro una rivalsa politica perché mai si era visto in Messico un provvedimento così drastico per casi del genere che pure non erano infrequenti. Malgrado le proteste vibrate dell’ambasciatore degli Stati Uniti, dei quali risultava cittadino, rimase in carcere per nove mesi finché non riuscì a fuggire.
Tornato Juarez, riprese a programmare spettacoli, ma fu un breve momento perché i francesi, contrariati dai drastici provvedimenti di Juarez che sospese per due anni il pagamento dei debiti verso le altre nazioni al fine di risanare il grosso debito statale, sbarcarono nel paese offrendo la corona di Imperatore del Messico a Massimiliano d’Asburgo, fratello minore di Francesco Giuseppe, Imperatore di Austria – Ungheria, il quale l’accettò.
Juarez e i suoi dovettero abbandonare la capitale. Fu una guerra di resistenza durata cinque anni alla quale Roncari partecipò distinguendosi in parecchi scontri armati arrivando fino al grado di Colonnello. Se fosse stato catturato, essendo uno straniero, sarebbe stato giustiziato come accadde al lucchese Luigi Ghilardi uno spirito libero, paladino della democrazia, fucilato dai francesi il 17 marzo ‘64, eroe messicano e suo amico. Alla fine i messicani, sostenuti anche da aiuti statunitensi, nel giugno ‘67 riconquistarono il paese e la capitale catturando e fucilando Massimiliano d’Asburgo.
Tolta la divisa, Roncari continuò nel suo impegno teatrale e anche sociale fondando la Società di Mutuo Soccorso e Fratellanza fra i connazionali colà emigrati e diventò uno degli italiani più noti in Messico, organizzando celebrazioni e onoranze a compatrioti insigni in visita al Messico. Fece la sua ultima apparizione pubblica ai primi di giugno dell’82 quando, alla morte di Gari-baldi, tenne l’orazione funebre al Teatro Nazionale di Città del Messico.
Era, però, già malato da tempo di un ‘crudelissimo morbo’ e così, sentendosi alla fine volle ri-tornare, con la moglie e i figli, a morire nei suoi paesi, affrontando il lungo viaggio in nave. Morì a Varese il 1° luglio, un mese dopo il suo Duce Garibaldi, aveva solo 51 anni. Al funerale, seb-bene fosse poco conosciuto, partecipò uno stuolo di cittadini e società patriottiche che la mo-glie Elisa e i figli ringraziarono con un breve trafiletto sulla Cronaca Prealpina. L’orazione fune-bre fu tenuta dal colonnello Enrico Guastalla, suo compagno nelle patrie battaglie, e da Abdone Ferrario, segretario cittadino della Società dei Reduci. Fu seppellito nel cimitero Monumentale di Giubbiano aperto due anni prima. Il 17 gennaio 1955, la salma venne esumata e cremata per far posto ai colombari e “i resti sono a disposizione del comune” come dice una nota sui registri del cimitero.
Il suo nome è inciso nella lapide dedicata ai volontari delle guerre del Risorgimento del cimitero stesso e pure in quella del suo paese di Besozzo dove erroneamente venne considerato come volontario garibaldino del 1859. Fu insignito dal Ministero Italiano di Guerra e Marina di un ‘Diploma di Lode al Valore Garibaldino’ e di ‘Cavaliere della Legion d’Onore Messicana’, è citato in opere e scritti messicani e, sempre in Messico, è stato motivo di una tesi di laurea. I suoi famigliari, è quasi certo, rimasero nel varesotto perché i figli si coniugarono a Varese; Luigi sposò Clementina Caravati, mentre Giulia si maritò con Giovanni Colombo.
Giorgio Roncari – Cuvio
Cartolina celebrativa della Repubblica romana
Il teatro dell’opera di città del Messico ora abbattuto
La battaglia di Puebla